Bruno Conti, cuore Roma: Maradona, Tardelli, scudetto e la lezione sui giovani

Anticipazione di Dribbling (Rai 2, oggi ore 14): il coordinatore del vivaio giallorosso tra ricordi, presente e futuro. Dalla magia di Diego all’augurio per De Rossi, fino all’Italia di Gattuso e al tema vivai

Jacopo Mandò -
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Bruno Conti
Bruno Conti a Dribbling: Maradona, Tardelli, scudetto e vivai – Romaforever.it

Quando parla Bruno Conti non è nostalgia: è un manuale di calcio applicato alla vita. Nell’intervista a Dribbling (Rai 2) la leggenda giallorossa oggi alla guida del settore giovanile della Roma intreccia tre fili: memoria, identità, responsabilità. C’è la bellezza del gioco, ci sono gli affetti, ma soprattutto c’è un’idea netta su come si costruisce il futuro.

Diego, l’amicizia che parla la stessa lingua

Conti torna su Maradona con tenerezza e rispetto: un rapporto speciale, fatto di gesti e di quella complicità tra fuoriclasse che supera le maglie. Un invito scherzoso a “venire a Napoli” e la consapevolezza che con Diego il calcio era davvero una lingua comune.

Da frizioni a stima: la lezione Tardelli

Capitolo Tardelli: all’inizio scintille, il peso di un tricolore mancato e di una Roma che aveva iniziato a dare fastidio alla Juve. Con il tempo, però, resta l’essenziale: stima per un uomo diretto e sincero. Anche questo è calcio—imparare a riconoscere l’altro oltre la rivalità.

Scudetto e De Rossi

Conti si diverte con il Como e il Bologna, vede Inter e Napoli più attrezzate ma non esclude sorprese. E spedisce un abbraccio a Daniele De Rossi: professionalità, serietà, l’augurio di uscire presto dalle difficoltà al Genoa.

Italia, ottimismo pragmatico

Su Gattuso e i playoff: c’è tempo per preparare la sfida con l’Irlanda del Nord e giocare la semifinale in casa pesa. Ma il punto è più profondo: troppi stranieri in Serie A, filiere giovanili depotenziate, poca assunzione di responsabilità da parte di chi dovrebbe lanciare i ragazzi. Conti lo sa per esperienza: rifiutato da giovane più volte, ha insistito fino a imporsi. La ricetta è chiara: ripartire dai vivai, lavorare su ciò che abbiamo “in casa”, e fare dello straniero l’eccezione, non la regola.