
Il 4 settembre 1966, al “La Favorita” di Palermo, la Roma di Oronzo Pugliese incrociava i rosanero in un primo turno di Coppa Italia destinato a rimanere negli archivi non per il gioco espresso, ma per il suo epilogo grottesco. Palermo-Roma 2-2, tempi supplementari, e poi il destino deciso da una monetina. Una sorte amara: i giallorossi eliminati dal lancio di una moneta, con il boato del pubblico siciliano che trasformava la casualità in gloria.
Tinazzi e i fantasmi di quella sera
La partita iniziò con la furia di Giorgio Tinazzi, autore di una doppietta che illuse il Palermo. Sembrava una serata senza scampo per i giallorossi, travolti dall’entusiasmo dei rosanero e dal calore di una tifoseria che già sognava l’impresa. Ma la Roma seppe rialzarsi: Paolo Barison e Giuseppe Tamborini firmarono una rimonta orgogliosa, che spinse la sfida ai supplementari. Pugliese, tecnico sanguigno, aveva costruito una squadra che faceva della corsa e della grinta la sua anima, guidata in difesa dall’eterno Giacomo Losi, il “Core de Roma”.
Una monetina al posto del pallone
Al termine dei 120 minuti, non c’erano rigori: decideva il caso. Quella monetina lanciata dall’arbitro De Robbio non premiò la Roma, che tornò a casa con l’amaro in bocca. Ma il calcio di quegli anni era anche questo: improvvisazione, regole fluide e un pizzico di beffa.
Il 4 settembre 1966 resta così una data sospesa tra sport e fatalismo, un ricordo che racconta un calcio dove il destino poteva davvero cambiare con un gesto minimo, con il tintinnio di una moneta sul prato.