È una conferenza che somiglia alla partita: pragmatica. Cristian Chivu, ex giallorosso oggi sulla panchina nerazzurra, racconta Roma-Inter partendo dall’essenziale: leggere i momenti. Nel primo tempo l’Inter ha spinto sulla pressione; nella ripresa è calata e ha dovuto soffrire. Per l’allenatore, però, proprio lì si misura la statura del gruppo: rimboccarsi le maniche, stringersi e portare a casa il risultato.
Gestire i momenti, accettare la sofferenza
Chivu lo dice chiaro: aveva chiesto una partita “consapevole” e l’ha ottenuta a tratti. Bene l’aggressione iniziale, meno le transizioni (“così e così”), inevitabile il calo nel secondo tempo. Da quel punto in poi, orgoglio e compattezza: la squadra si è abbassata, ha resistito, ha coperto l’area con ordine. E soprattutto ha mostrato — parole sue — il peso dei sacrifici: allenamenti duri, settimane lontano da casa e famiglie, disponibilità totale al compito.
Il reparto offensivo e i rientri
Capitolo attaccanti: soddisfazione diffusa. Chivu sottolinea di averli “visti” fin da subito e di sapere cosa ha tra le mani. Apprezzamento esplicito per Pio, che lavora per la squadra e capisce i frangenti complicati; nota di servizio su Lautaro, rientrato non al meglio dalla Nazionale ma comunque dentro il piano gara con responsabilità e spirito.
Leader silenziosi e cultura del gruppo
Interrogato su Akanji, il tecnico evita l’enfasi sul singolo: ciò che conta è l’esempio. Esperienza, motivazione, ambizione che si diffondono dallo spogliatoio al campo. Nessuna celebrazione isolata, piuttosto la fotografia di un’ossatura che si mette a disposizione degli altri.
“La classifica? Non mi interessa adesso”
Chivu chiude tagliando la cornice ai titoli della settimana: niente calcoli, niente mirror-gazing. L’attenzione resta interna — “abbiamo i nostri problemi da risolvere” — perché per lui gare come questa indirizzano la stagione più nella testa che nelle tabelle: mentalità, lettura dei dettagli, capacità di soffrire quando serve.