Il calcio italiano perde una delle sue menti più geniali e controcorrente, un uomo che ha saputo dare un’anima al gioco e una filosofia ai suoi allievi. L’ex tecnico di Udinese, Pescara e Napoli si è spento a 84 anni dopo oltre un mese di ricovero all’ospedale di Udine, dove le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi giorni.
Figura carismatica e fuori dagli schemi, Galeone non è mai stato solo un allenatore. Era un maestro di calcio e di vita, capace di vedere oltre la tattica e di parlare ai suoi giocatori con l’intelligenza del pensatore e la passione dell’artista. Massimiliano Allegri lo ha sempre definito “il mio vero maestro”, mentre Gian Piero Gasperini lo ricordava come “l’allenatore che mi ha insegnato a pensare calcio”.
Nato a Napoli nel 1941, trovò la sua dimensione più pura a Pescara, dove diede vita a squadre coraggiose, tecniche e libere. Il suo calcio era visionario, romantico e offensivo, in un’epoca dominata dai tatticismi difensivi. Per lui la bellezza del gioco era più importante della prudenza, e ogni partita andava vissuta con coraggio e creatività.
La sua eredità va oltre i risultati: Galeone ha lasciato un segno indelebile nella cultura del nostro calcio, influenzando intere generazioni di tecnici come Allegri, Gasperini, Giampaolo e Sarri. Uomo di umanità, ironia e rigore, ha insegnato che il calcio non è solo corsa o schemi, ma soprattutto pensiero e libertà. Con la sua scomparsa, se ne va un maestro autentico, ma il suo modo di intendere il gioco continuerà a vivere in chi ha imparato da lui a guardare il calcio con la mente e con il cuore.