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Di speciale José Mourinho ha l'onestà

Domenica 28 agosto 2022
Avrei voluto assistere a un'altra partita. Una più bella, divertente, meno sporca e frammentata. A caldo, mi sono confrontato per i siti dei rispettivi quotidiani con il direttore di Tuttosport Guido Vaciago: pensavo di avere ecceduto in severità, ma Mourinho mi ha tolto il dubbio ammettendo di essersi vergognato del primo tempo della sua squadra. Indecente, l'aggettivo che ho usato per descrivere la frazione, per merito quasi esclusivo della Roma che ha giocato a lungo al contrario, rifiutandosi di assumere una forma riconoscibile: il gol di Vlahovic al secondo minuto l'ha stordita al punto che ha impiegato quasi un'ora per riprendersi. L'hanno tenuta in superficie il 2-0 annullato dal Var e soprattutto la notevolissima prova di Smalling e Ibañez.

Decisive, per ridurre le distanze, sono state comunque le sostituzioni di Mou subito dopo l'intervallo: l'ingresso di Zalewski e El Shaarawy per Mancini e Spinazzola, nell'occasione sfasato, e la nuova impostazione (4-3-3 senza palla, 4-2-3-1 con) hanno garantito alla Roma una migliore copertura del campo e un po' più di sicurezza. Il punto (d'oro) l'ha portato l'arma impropria dei giallorossi, le palle inattive, in particolare gli effetti dei calci d'angolo valorizzati dalla precisione di battuta di Pellegrini e Dybala. Proprio Dybala si è inventato una correzione al volo dal secondo palo che si è trasformata in un assist al bacio per Abraham. Che all'argentino - un bacio vero - l'ha subito rispedito.

I progressi della Juve rispetto alla gara di Genova sono stati evidenti nel primo tempo quando però la squadra di Allegri non ha avuto la capacità di assicurarsi la vittoria. Nella ripresa ha ridotto il pressing e il ritmo ed è arretrata di qualche metro favorendo l'azione della Roma. Miretti, la sorpresa iniziale, ha ben giocato, Kostic è risultato presente ma troppo lineare, bene anche Rabiot fino alla sostituzione.

La Roma non ha ancora avuto il miglior Dybala, che Mou continua giustamente a proteggere. Ieri non era sereno: alla ricerca di momenti in cui la sua qualità si mette a scintillare, aveva una gran voglia e bisogno di fare e strafare, ha lottato anche se non è nato per lottare, e quando ha scelto la semplicità ha mosso i compagni. L'assist gli vale la sufficienza.

Un anno fa, dopo tre partite, Mou era primo con 9 punti (Fiorentina, Salernitana fuori e Sassuolo battuti, ma due in casa e una in trasferta). Oggi i punti sono due in meno, la squadra ha però una differente consapevolezza di sé perché conosce molte più risposte, più qualità ed è uscita con un pari dall'Allianz. La Juve di punti ne aveva soltanto uno: mostrerà il vero soltanto quando potrà presentare Pogba, Di Maria e Chiesa, il mercato "reale".

La croce Red
Kelleher, Diogo Jota, Matip, Keita, Curtis Jones, Konate, Oxlade-Chamberlain, Thiago Alcantara e Darwin Nuñez: lo spietatissimo Liverpool ne ha dati nove - cinque nei primi 45 minuti - al Bournemouth. I giocatori che ho indicato sono gli assenti, otto per infortunio e Nuñez per squalifica. Anche da questi particolari si riconosce la differenza di qualità e risorse tra loro e noi.
di Ivan Zazzaroni
Fonte: Corriere dello Sport
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