Ci sono notizie che non restano chiuse nel presente. La consegna del progetto per lo stadio a Pietralata è una di quelle: perché dietro un atto amministrativo si riaccende un immaginario, una promessa, un’ossessione antica. E a darle voce, stavolta, è Riccardo Viola a Il Corriere della Sera, figlio di Dino Viola, che quel sogno lo aveva messo nero su bianco quando parlare di “stadio di proprietà” sembrava quasi fantascienza.
“Anche i romanisti avranno il loro stadio”
Le sue parole hanno il peso di chi non sta commentando solo un passaggio dell’iter, ma una pagina di storia: “Finalmente ce l’abbiamo fatta: anche i romanisti avranno il loro stadio”. E poi l’immagine più potente: un “regalo” per i tifosi e, simbolicamente, anche per chi porta quel cognome. Perché a ridosso del centenario, l’idea dello stadio smette di essere un progetto e torna ad assomigliare a un’identità.
Dino Viola e la Roma “competitiva”: la visione prima di tutto
Riccardo Viola ricorda un punto chiave: per Dino, lo stadio non era una questione di orgoglio, ma di struttura. Uno strumento per rendere la Roma più forte, più stabile, più competitiva. Negli anni Ottanta quella Roma seppe stare in alto anche grazie a una gestione moderna, ma il vento economico stava cambiando: l’ingresso di grandi potenze finanziarie in Serie A iniziò a rendere più fragile un modello familiare.
La cittadella e il progetto incompiuto
Dentro al racconto c’è anche un’idea precisa: una cittadella dello sport, un luogo “vissuto ogni giorno”, non un impianto acceso soltanto la domenica. Ma quel percorso si arenò. Il passato riaffiora con i suoi ostacoli: l’ipotesi Magliana, le resistenze politiche, le accuse di speculazione, fino allo spartiacque di Italia ’90 e alla scelta di puntare sulla ristrutturazione dell’Olimpico.
Oggi: non è ancora la fine, ma è un nuovo inizio
La differenza, adesso, è tutta nella sensazione: il sogno non è più sospeso. È tornato sul tavolo, con un nome e un luogo – Pietralata – e con la possibilità concreta di diventare parte della storia del club. La strada è ancora lunga, ma certe parole servono proprio a questo: ricordare che, per la Roma, lo stadio non è mai stato solo cemento. È sempre stato destino.