Nella Roma dei primi anni Duemila era noto come “Terminator”, un soprannome che raccontava perfettamente il suo spirito combattivo e che, ancora oggi, lo accompagna ovunque vada, intrecciato indissolubilmente al suo legame con la capitale. Antonio Carlos Zago, uno dei pilastri della squadra che conquistò lo storico scudetto del 2001, è tornato recentemente nella città che lo ha consacrato.
Qui ha rivissuto ricordi intensi, curiosità di spogliatoio e riflessioni sul presente e sul futuro dei colori giallorossi, affidando le sue emozioni a un’intervista concessa in esclusiuva a La Gazzetta dello Sport.
Le dichiarazioni di Zago
Sono passati 25 anni dall’ultimo scudetto. Può essere la volta buona per il quarto?
“Ogni anno mi auguro sia la volta buona, è passato troppo tempo. Ma penso che sia giusto sognare quest’anno. Ora Gasperini deve restare in vetta fino a fine dicembre, poi con 2-3 rinforzi l’obiettivo è alla portata, anche perché non vedo una padrona del campionato. È tutto molto livellato”.
La sua Roma invece quando capì che era arrivato il momento giusto per vincere?
“Quando è arrivato Batistuta si era capito che stava cambiando qualcosa. Forse Parma-Roma, vinta in rimonta nel girone d’andata, è stata la svolta. Ma in realtà già prima dell’inizio del campionato sentivamo di poter fare qualcosa di grande. Erano arrivati Samuel ed Emerson, Totti cresceva a vista d’occhio, c’erano campioni come Aldair, Cafu, Candela, Montella… E poi c’era stato lo scudetto della Lazio dell’anno prima: non lo avevamo digerito, volevamo restituire il sorriso ai nostri tifosi. Quello ci diede una spinta in più“.
A distanza di 26 anni, ci racconta bene cosa accadde con Simeone nel derby?
“Lui provocava e se la stava prendendo con Marcos Assunçao. Io, per natura, correvo sempre a difendere i compagni. È nato un litigio e ho fatto una cosa che non mi appartiene. So che i tifosi ricordano quello sputo come un ricordo bello, ma per me non è così“.

Si è pentito?
“Assolutamente sì, è stato un brutto gesto. All’epoca dissi che lo avrei rifatto, ma oggi non è così, anche se l’istinto a volte ti porta a fare cose che non vorresti. Mi è successo altre volte, ma chi mi conosce sa che persona sono”.
Lei era istintivo ma anche molto bravo nell’impostare l’azione. Si rivede in qualche calciatore di oggi?
“Sto vedendo una crescita importante in Mancini. Ha la cattiveria giusta e sa giocare molto bene il pallone. Spero possa crescere ancora: oltre a essere un bel difensore può diventare un grande capitano per la Roma”.
È vero che Totti parlava nel sonno e non la faceva dormire?
“Purtroppo è vero! Il primo anno mi misero in stanza con lui: per me era un onore, accettai subito. Ma di notte russava e parlava forte. Una volta urlò: “Passami la palla, passami la palla”. Io andai a calmarlo e si riaddormentò. Io però non dormivo mai… così chiesi di cambiare stanza. Dall’anno dopo Totti dormiva da solo”.
La Roma per cinque anni, poi ha girato il mondo. Come mai non è rimasto più a lungo in un posto?
“In realtà volevo giocare a vita nella Roma. Non c’è stato un posto al mondo dove mi sia trovato bene come lì. Ma nel 2002 decisero di non rinnovare il contratto e non ho mai capito il motivo”.