Diego Fuser, la Roma e quel filo che non si spezza

«Il primo anno sfiorammo lo Scudetto». Il racconto e le ferite che hanno cambiato tutto

Jacopo Mandò -
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Fuser
Diego Fuser alla Roma: primo anno da protagonista silenzioso, poi la vita cambia tutto – Romaforever.it

Diego Fuser ha riaperto l’album dei ricordi in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, firmata da Lorenzo Cascini. Parole sincere sull’approdo alla Roma, l’entusiasmo del primo anno con Capello e la brusca frenata della stagione successiva, segnata da problemi personali che travalicano il calcio. Un frammento di storia giallorossa raccontato da chi, in poco tempo, ha capito cosa significa portare quella maglia.

L’arrivo a Trigoria: l’intuizione di Capello

Fuser racconta che tutto nacque alla vigilia di Roma-Parma, ultima di campionato: Capello lo avvicinò a bordocampo, proposta diretta, risposta immediata. A Trigoria trova un gruppo campione d’Italia che punta a restare in alto. E il campo conferma le ambizioni: nel 2001-02 la Roma chiude seconda a un punto dalla Juventus, «un primo anno molto positivo» nelle parole dell’ex centrocampista. I numeri dicono 15 presenze e 2 gol in A nel biennio 2001-03: poco minutaggio, tanta sostanza in un reparto già ricco di qualità.

La seconda stagione e il peso della vita

Poi la curva si fa ripida. Fuser ammette «incomprensioni» e soprattutto l’irruzione del dolore: le corse dall’allenamento all’ospedale per stare accanto al figlio Matteo, scomparso giovanissimo. È il punto in cui il calcio si fa piccolo e le scelte si piegano all’essenziale. «Avevo problemi più grandi del calcio», dice oggi, dando finalmente contesto a un addio che allora parve solo tecnico. Parole che invitano al rispetto prima ancora che all’analisi.

Un’eredità sottile: professionismo e misura

Nella Roma che “sfiorò” lo Scudetto, Fuser resta il simbolo del professionista che si mette al servizio del collettivo. Esterno moderno, corsa e letture, arrivava a rifinire e a chiudere l’azione. In giallorosso non fu il protagonista del titolo, ma un comprimario affidabile in una squadra che teneva standard altissimi settimana dopo settimana. La sua storia ricorda quanto la carriera di un calciatore sia fatta di dettagli e di fragilità: i tabellini raccontano, la vita spiega.