Roma, la parola è “equilibrio”: Marinozzi (telecronista) spiega la chiave giallorossa

Dal muro Svilar al “Caldara” Mancini: come Gasperini tiene la Roma corta, compatta e feroce.

Jacopo Mandò -
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Gasperini a Trigoria
Gasperini durante gli allenamenti: la sua Roma spiegata da un telecronista – Romaforever.it

C’è una Roma che non urla ma pesa. Andrea Marinozzi la guarda da distanza ravvicinata e sceglie una parola sola: equilibrio. È la cifra estetica e mentale con cui Gasperini ha cucito la sua squadra: linee strette, pochi fronzoli, tanta attenzione dei quinti su due fasi, pressing corto e continuo. Si concede poco, si soffre il giusto, si riparte quando il campo si apre. E in mezzo al racconto, due nomi-lanterna: Mile Svilar, oggi uomo-cerniera di un sistema che regge, e Gianluca Mancini, il “Caldara” della vecchia Atalanta trasportato sul Tevere.

Il baricentro di Gasperini

Marinozzi, sul proprio canale YouTube, individua la struttura: blocchi compatti, quinti coinvolti, riaggressione immediata. L’idea è semplice e moderna: alzare il duello e togliere ossigeno alla prima costruzione avversaria. Da qui nasce una Roma che concede poco per scelta: il pressing indirizza, la linea difensiva accorcia, il centrocampo porta sempre un uomo in più sulla palla. Il limite? La mole di occasioni create: la Roma costruisce più volentieri in ripartenza che a manovra posizionale. Quando non c’è profondità, qualche giocata resta strozzata.

I due fari: Svilar e Mancini

In questo quadro, Svilar è più di un portiere: è il metronomo emotivo. Blocchi sicuri, uscite che spengono l’ansia, piedi abbastanza puliti per non regalare transizioni. Davanti a lui, Mancini interpreta il ruolo alla “Caldara”: aggressivo sulla prima palla, guida la linea, detta i tempi dell’anticipo e del salire. È la cerniera che tiene alta la squadra quando c’è da mordere e la tiene bassa quando servono dieci minuti di trincea. Roma corta, equilibrata appunto: qui c’è la differenza fra sopravvivere e vincere di misura

🎥 Il video – guarda l’analisi di Andrea Marinozzi: