Non è solo una sconfitta: è un promemoria. Contro il Lille la Roma ha perso 1-0 in casa in una partita che Gasperini aveva definito “scomoda”. Lo è stata davvero. Come col Toro? Sì, ma peggio: lì i granata avevano punito in ripartenza una gara equilibrata; qui i francesi hanno avuto più volte la palla del raddoppio, mentre la Roma—sprecona—ha lasciato scivolare via le proprie occasioni, compresi i tre clamorosi errori dal dischetto.
L’errore che indirizza tutto
La partita si mette in salita subito: il gol nasce da un’incertezza tecnica sulla corsia mancina—controllo mancato di Tsimikas, palla regalata, verticalità del Lille e rete. Da lì il greco non si riprende più: cross imprecisi, duelli persi, decisioni sbagliate. Effetto domino: anche El Aynaoui, schierato accanto a Cristante per far rifiatare Koné, va fuori ruolo e fuori ritmo. Non è (ancora) il suo vestito da “vice-Koné”: poca gamba in uscita, pochi tempi di pressione, linee di passaggio schermate. Il Lille fiuta l’odore del sangue e piazza il suo piano: blocco medio, ripartenze, sponde di Giroud per risalire campo e respirare. Sulle palle alte l’ex Milan fa la differenza (falli guadagnati, secondi palloni), a terra Ndicka lo anticipa spesso: ma intanto i francesi conquistano metri, punizioni e fiducia.
Rotazioni sì, ma la coperta è corta
Il turnover era logico—in calendario c’è la Fiorentina—ma quando le rotazioni non replicano automatismi e qualità dei titolari, si paga. La Roma ha prodotto, ma male: ultimo passaggio sporco, attacco dell’area intermittente, poca presenza sui cross deboli dal lato forte. Davanti non c’è ancora continuità realizzativa: le punte faticano a “spaccare” le partite, e quando la prima pressione non morde, la squadra si allunga e perde connessioni tra esterni e trequarti. Dall’altra parte, il Lille sorprende per maturità: organizzazione pulita, transizioni letali, e un 2007 (Bouaddi) che in mezzo gioca con una personalità spiazzante. Volendo rigiocarla dieci volte, la Roma questa sfida la vince spesso: ma ieri no. Perché l’errore iniziale pesa, le rotazioni non tengono e la cattiveria sotto porta non c’è. La lezione è chiara: alzare l’asticella tecnica delle seconde linee, ripulire la catena mancina, ritrovare profondità e ferocia. Domenica a Firenze non c’è rete di protezione.