Era l’Italia del boom economico, delle automobili in strada e della gente che tornava a riempire gli stadi. Quel giorno all’Olimpico la Roma perse 2-3 contro l’Inter, ma il risultato fu solo un dettaglio.
Manfredini, bomber infinito
Pedro Manfredini firmò il rigore del momentaneo 2-2, confermando la sua fama di “Piedone” instancabile. Accanto a lui Paolo Pestrin alimentava le speranze giallorosse. Ma a illuminare l’immaginario collettivo fu soprattutto la presenza di Luis Suárez, con la maglia dell’Inter: Pallone d’Oro e, di lì a poco, campione d’Europa con la Spagna, un fuoriclasse che, per molti, rappresentava l’essenza del calcio, secondo soltanto ad Alfredo Di Stéfano.
Herrera e Carniglia, due mondi a confronto
Sulla panchina nerazzurra c’era Helenio Herrera, destinato a costruire la Grande Inter. Su quella giallorossa Luis Carniglia, testimone di un calcio più istintivo e meno scientifico. Quella partita fu uno dei simboli di una transizione: il calcio stava cambiando, e lo stava facendo davanti agli occhi di 70 mila persone.