I gol e gli assist raccontano chi decide. I minuti, invece, raccontano chi regge davvero la stagione: affidabilità, gerarchie, continuità fisica. La Roma chiude il 2025 con una classifica chiara: una colonna portante difensiva, un centrocampo sempre presente e un attacco che – per motivi diversi – ha alternato molto.
La spina dorsale del 2025: Svilar e il muro davanti a lui
In cima c’è Svilar (4500): se un portiere gioca praticamente tutto, significa una cosa sola—è diventato riferimento. Subito dietro, la fotografia della solidità: Ndicka (4281) e Mancini (4108). È lì che si costruiscono i punti “sporchi”, quelli che fanno classifica.
E già qui si intravede un messaggio per il 2026: la Roma ha trovato una base affidabile. Ora deve trasformarla in ambizione.
Il “blocco stabile” di campo: Koné, Çelik, Soulé, Cristante
Dopo i leader difensivi, arriva il cuore che non si spegne: Koné (3593) è un minutaggio da titolare vero, da giocatore che tiene insieme le fasi. Poi Çelik (3051), Soulé (3016) e Cristante (2958): tre nomi diversi, un concetto comune—presenza costante.
Dentro questi minuti c’è la Roma più riconoscibile: ritmo, lavoro, continuità. E un’indicazione: Soulé non è stato una fiammata, ma un perno.
Attacco: Dovbyk guida, ma i “big” non hanno continuità totale
Tra gli uomini offensivi, il primo per minuti è Dovbyk (2030): non sono tantissimi rispetto ai top di squadra, ma bastano per dire che, quando disponibile, è stato un punto fermo.
Il tema vero però è subito dietro: Pellegrini (1919) e Dybala (1817). Minuti importanti, ma non da leader stagionali “pieni”. E questo, per una Roma che vuole alzare il livello nel 2026, è uno snodo: se i tuoi talenti non stanno abbastanza in campo, il peso si sposta inevitabilmente su altri.
Rotazioni e seconda linea: tanti nomi, impatto ancora da alzare
Qui la lista si allunga e diventa interessante: Wesley (1560), Hermoso (1342), Saelemaekers (1280), Paredes (1275), Rensch (1246), poi Shomurodov, El Shaarawy, Pisilli e Baldanzi tra i 1000 e i 1200.
Tradotto: la Roma ha ruotato parecchio, ma la sensazione è che spesso i cambi abbiano “coperto” più che spostato. Il 2026, se vuole essere un salto, deve portare una parola nuova: peso dalla panchina.
I minutaggi bassissimi raccontano stagioni spezzate o mai davvero iniziate: Tsimikas (463), Ziółkowski (332), Bailey (245) e altri sotto quota 200. Sono numeri che, a gennaio e poi in estate, diventano inevitabilmente domande: progetto tecnico, condizione, incastri di mercato.