|VIDEO| Roma Primavera, Mirra: “La fascia è una responsabilità e un orgoglio”

Il capitano della Roma Primavera ha parlato di se in una nuova puntata della rubrica “Dreaming Roma”

Jacopo Pagliara -
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Jacopo Mirra
Jacopo Mirra (foto corrieredellosport.it)

Jacopo Mirra, attuale capitano della Roma Primavera, si è raccontato in una lunga intervista concessa ai canali ufficiali del club giallorosso. Il difensore centrale della formazione giallorossa ha affrontato diversi argomenti, ripercorrendo il suo percorso personale e sportivo, tra crescita, ambizioni e obiettivi futuri.

Nel corso dell’ultima puntata di “Dreaming Roma”, Mirra ha condiviso riflessioni sulla stagione in corso, sul suo ruolo all’interno della squadra e sull’importanza di indossare la fascia da capitano. Ecco un estratto delle sue parole.

Le dichiarazioni di Jacopo Mirra

Che ragazzo sei fuori dal contesto campo? In campo sei molto serio, non a caso sei capitano. Con gli amici che tipo sei e cosa ti piace fare nel tempo libero?

«Mi piace divertirmi, come penso sia normale per un ragazzo di 19 anni. Scherzo molto con i compagni, anche per sdrammatizzare situazioni più tese. Mi reputo simpatico, ma l’impressione di riservatezza rimane: all’inizio sembro un po’ sulle mie, ma non me la tiro, ho solo bisogno di confidenza. Cerco anche di capire di chi posso fidarmi».

Adesso che sei grande, che rapporto hai con la città?

«Per me Roma è la città più bella del mondo. Ogni ragazzo romano e romanista come me sogna di indossare questi colori».

Dove hai iniziato a giocare?

«Al Casalotti, vicino casa. Poi un anno all’Urbetevere e infine il provino con la Roma. Questo è l’undicesimo anno».

Quando hai realizzato davvero di giocare nella Roma?

«Forse verso gli 11-12 anni. Prima era tutto un gioco. Poi dai 15-16 anni, con i campionati nazionali, capisci che sta diventando qualcosa di più serio».

Jacopo Mirra
Jacopo Mirra (foto Instagram)

La partita che vorresti rigiocare?

«La finale Under 18 Roma-Genoa che abbiamo perso. Brucia ancora»

In prima squadra com’è il salto?

«Ritmi altissimi, grande fisicità e tecnica. Marcare Baldanzi, Ferguson e Dovbyk non è semplice».

Lo scorso anno non sei stato fortunato fisicamente.

«Ho avuto uno sviluppo tardivo: prima non avevo fasce muscolari sviluppate, entravo in campo senza riscaldamento. Poi sono arrivati problemi al flessore: infortunio a gennaio e ricaduta. È stato un periodo buio, ma mi ha insegnato tanto: prevenzione, fisioterapia, palestra. Ora vengo prima agli allenamenti e lavoro su macchinari specifici».

Essere capitano influisce?

«Sì, la fascia porta responsabilità. Sono orgogliosissimo di indossarla. Cerco di aiutare i più piccoli e tenere il gruppo unito. Si può essere leader anche senza fascia, ma dare l’esempio è fondamentale»

Il sogno?

«Vincere il Mondiale e lo scudetto con la Roma, come ogni bambino».