L’ex tecnico della Roma ha ripercorso uno dei momenti più discussi della sua carriera, rivelando un punto di vista che rompe molti silenzi intorno a quella giornata.
Durante l’intervista alla Gazzetta dello Sport, Andreazzoli non elude il ricordo della finale del 26 maggio 2013. Le sue parole riaffiorano dense di lucidità: “L’allenatore in questo è un uomo solo. Perde la squadra, ma il giudizio ricade su chi era in panchina” e subito dopo aggiunge “credo che quella partita l’abbiano persa più Totti, De Rossi & Co. Non Andreazzoli. O per lo meno, non soltanto”. Una frase forte, che sposta l’attenzione dalla gogna mediatica di cui è stato vittima dopo quella sconfitta clamorosa.
Il peso di una città che amplifica tutto
Quando si parla di Roma, l’allenatore evidenzia un altro nodo fondamentale: la percezione. Andreazzoli analizz come “manca l’oggettività nel pesare il lavoro. E gli elogi sono peggio delle critiche”. Esamina un ambiente oscillante, capace di innalzarti e travolgerti allo stesso tempo. Da qui un passaggio emblematico: “vinci due partite e ti stendono i tappeti rossi: ti invitano a cena, ti chiama il politico, perdi la misura. Ci hanno provato anche con me, non mi sono mai fatto coinvolgere. Poi perdi e improvvisamente vali zero”.