Daniele De Rossi non parla per slogan: spiega. Alla vigilia di Cagliari-Genoa, il tecnico mette insieme ricordi da azzurro e presente da allenatore per raccontare com’è cambiato il calcio di oggi. La distanza tra le grandi e le altre si è ridotta, e il risultato è un torneo più denso, più competitivo, in cui la qualità individuale degli avversari pesa — eccome — nella singola notte.
Il quadro: meno alibi, più consapevolezza
DDR parte da un dato esperienziale: anche la sua Italia faticava in trasferte considerate “semplici”. Oggi, aggiunge, vai contro la Norvegia e ti ritrovi di fronte il centravanti più dominante al mondo e esterni top livello. Tradotto: serve coscienza del nuovo contesto; l’idea delle “piccole” è un archivio del passato.
I riferimenti: fiducia nei leader della Nazionale
Non è un discorso pessimista, anzi. De Rossi ribadisce fiducia in chi guida gli Azzurri: Rino Gattuso, Gigi Buffon, Leonardo Bonucci. “Gente che quella maglia l’ha onorata col sangue”, il senso. La strada passa da qui: metodo, responsabilità, lavoro quotidiano.
Il passaggio che accende la platea
C’è anche uno spunto identitario: De Rossi richiama l’epoca in cui ci si riconosceva in un certo tipo di numero 10. “Prima c’erano i vari Totti, Del Piero o Baggio. Oggi i più forti li hanno gli altri“. Un riferimento che parla alla memoria collettiva dei romanisti e che chiude il cerchio del suo ragionamento: cambiano i contesti, restano i modelli.