Zero rumore, solo campo. Lorenzo Pellegrini parte titolare contro il Parma e la sensazione – dentro e fuori Trigoria – è che questa possa essere un’ultima, vera chance per rimettere il suo futuro nella Roma su binari di continuità. Il contratto scade a giugno 2026, l’ingaggio (circa 4M) pesa se il rendimento non decolla, il club non può permettersi il rischio di perderlo a zero. Intorno, il mercato mormora: il Napoli (orfano di De Bruyne, atteso all’operazione) valuterebbe Pellegrini già a gennaio. E al giocatore l’idea non dispiacerebbe. Ma prima c’è una notte da capitano.
Il contesto: tra rinnovo lontano e scenario cessione
A giugno sembrava ai margini, poi il gol nel derby ha riaperto una crepa di fiducia. Nelle gare successive, però, stop and go. La Roma fa calcoli: o arriva un salto di qualità immediato o a gennaio si ascoltano offerte, per non farsi schiacciare dalla scadenza 2026. L’eventuale prolungamento passa da una sola parola: merito (prestazioni all’altezza del peso economico).
Cosa serve, ora
Ritmo, ultimi 20 metri, personalità: non basta il compitino. A Pellegrini si chiede di accendere la trequarti, alzare il numero di giocate che spostano (attacco area, ultimo passaggio, calci piazzati incisivi) e guidare la pressione. È la partita per cambiare narrativa: da “caso” a valore.
Il bivio Napoli (e la Nazionale sullo sfondo)
L’ipotesi azzurra – piazza ambiziosa, lotta Scudetto – sarebbe un reset tecnico ed emotivo. Ma il primo esame è oggi: all’Olimpico, davanti a un pubblico diviso tra odi et amo, Pellegrini si gioca pezzi di rinnovo, di status e anche un pezzo di Italia 2026 (dopo l’Europeo 2024 rimasto “in gola”). Il tempo delle parole è finito.