La vigilia è densa e compatta come le partite “da non sbagliare”. Gianluca Mancini, insieme al CT Gennaro Gattuso, mette il timbro sul momento Azzurro e indica la rotta verso il pass: “Tantissimo, è la cosa che vogliamo di più”, dice della qualificazione. Domani c’è Israele (20.45), avversario “fastidioso”, già capace all’andata di trasformare un 2-4 all’86’ in un finale da brividi: “L’abbiamo rivista: ci siamo fatti rimontare da polli. Sappiamo cosa abbiamo sbagliato e non dovrà accadere di nuovo.”
Gruppo, identità, rischi calcolati
Per Mancini, prima dei numeri c’è l’atteggiamento. Modulo a tre o a quattro? “Conta meno del modo in cui andiamo in campo: valutare rischi e vantaggi, restare dentro la partita”. Il difensore della Roma insiste su un concetto: il gruppo come valore competitivo. “Per iniziare e sostenere un percorso serve coesione: allenarsi forte, ma col sorriso. Il mister ci mette nelle condizioni giuste: ci parla, ci capisce, pretende.” Ed è così che la partita con Israele diventa una finale mentale, prima ancora che tattica.
“Mi sono guardato allo specchio”: la frase sulla Roma
Quando gli chiedono della crescita, Mancini non gira attorno: “Ho vissuto troppe partite in modo esagerato. Mi sono guardato allo specchio e ho cambiato: ora sono più concentrato e rendo di più.” Un passaggio chiave che lega club e Nazionale: l’equilibrio trovato a Trigoria ha alzato il livello del suo calcio. E l’azzurro resta il sogno: “Spero di restare qui più a lungo possibile”. Sulla sfida di domani: “Israele ha qualità davanti, lo sappiamo. Dovremo essere compatti e sporcare le loro linee.”
L’impressione? L’Italia di Gattuso sta cucendo addosso ai propri leader un vestito di responsabilità lucida. A Mancini, oggi, non serve alzare la voce: basta la postura. Finale annunciata: dentro i 90’, niente distrazioni. E stavolta, l’86’ non dovrà valere un’altra lezione.