Luciano Spalletti si è divertito a costruire la sua Top 11 “ideale” dal vivo, e l’XI scelto è una mappa sentimentale delle sue panchine, a partire dal modulo: 4-2-3-1. Tra i pali Szczęsny (con Alisson citato in alternanza), a certificare quanto per lui il portiere debba unire affidabilità e pulizia tecnica. Terzini: Di Lorenzo a destra, l’uomo-totem del suo Napoli, e Marek Jankulovski a sinistra, ricordo d’Udine e di un calcio verticale e coraggioso. In mezzo la coppia Chivu–Koulibaly: eleganza e anticipo il primo, dominio fisico e leadership il secondo. Non sono mancati gli omaggi: Juan “difensore vero” e Mexès («pazzo ma forte») evocati con sorriso complice.
La spina dorsale giallorossa e la fantasia ai bordi
In mediana, Spalletti torna a casa: Pizarro e De Rossi. Uno pensa, l’altro comanda; insieme dettano tempi e pressioni, proprio come nella Roma che ha cambiato il modo di occupare il campo in Serie A. Sulla trequarti il filo conduttore è la qualità assoluta: Salah a destra (esploso a Trigoria prima di diventare un fuoriclasse globale), Totti al centro, regista alto e dieci universale, e Kvaratskhelia a sinistra, la scintilla creativa dello Scudetto azzurro. In avanti, scelta “controcorrente” ma coerente: Džeko preferito a Osimhen. Per Spalletti il bosniaco è un 9 totale: associazione, sponde, gol pesanti.
Formazione: 4-2-3-1 — Szczęsny; Di Lorenzo, Chivu, Koulibaly, Jankulovski; De Rossi, Pizarro; Salah, Totti, Kvaratskhelia; Džeko.
La battuta finale: “Scudetto? Ci arriviamo vicino…”
Chiuso l’elenco, il giornalista Stefano Agresti lo stuzzica: «Beh dai, con questa si va a vincere lo scudetto». Spalletti sorride e rilancia: «Beh sì… e se non lo si vince, ci si arriva vicino». Una battuta, certo, ma anche la fotografia di un undici che non è solo una lista: è il riassunto di un’idea — tecnica, coraggio, responsabilità — seminata da Udine a Roma, fino a Napoli. Un calcio che mette insieme testa e cuore, con tanta, tantissima Roma dentro.