Segnali forti (e rapidi)
Per Borghi, la Roma “continua a dare segnali” e lo fa prima del previsto: squadra e allenatore si sono trovati in fretta, con un gruppo che “è contento di fare questo gioco” e si fida del percorso. I capisaldi? Mancini e Ndicka dietro, Çelik “sta dando risposte” sulla corsia, in mezzo Koné e il sempre affidabile Cristante. Davanti, la qualità luminosa di Soulé: il sinistro del pari a Firenze è, dice Borghi, un “gesto tecnico da museo”, nato da una rifinitura elegantissima di Dovbyk. In prospettiva, pesano i rientri: Dybala è già riapparso, Bailey tornerà dopo la sosta: benzina per alzare la soglia del talento.
Il nodo davanti: Dovbyk–Ferguson
Qui l’analisi si fa chirurgica: Dovbyk è “potenzialmente un centravanti raffinato con i piedi”: giocate pulite e precise, il tema è trovarle più spesso. In questo momento, sostiene Borghi, l’ucraino ha qualcosa in più di Ferguson sul piano assoluto. La Roma ha ribaltato la gara “con tecnica e mentalità”, ma per restare in alto servirà più continuità nella produzione offensiva e una verticalità più frequente.
Realismo (e prospettiva)
Borghi resta realista: l’Europa League del giovedì si farà sentire e “non c’è (ancora) la rosa per stare in vetta fino in fondo”. Ma un avvio così cementa certezze, alleggerisce la fatica e crea entusiasmo. Poi c’è gennaio: mercato come leva per allungare la panchina senza toccare l’identità. Morale: la Roma non vince sempre, ma convince il piano Gasperini.