La Roma è in testa, ma i segnali che arrivano dalla zona offensiva non fanno dormire sonni tranquilli ai romanisti. Il pareggio contro il Lille, con tre rigori sbagliati in una sola partita, ha tolto la maschera a un problema che cova da tempo: questa squadra crea, ma fatica a finalizzare. E in un campionato che non aspetta nessuno, la lucidità sotto porta non può essere un optional.
Artem Dovbyk, arrivato con l’etichetta di terminale d’area, non ha ancora lasciato il segno come ci si aspettava. I numeri parlano chiaro: appena un gol nelle ultime cinque uscite e una serie di movimenti spesso fuori tempo, che spezzano il ritmo invece di accenderlo. E se il rigore fallito col Lille pesa, ancor di più pesa la difficoltà nel costruirsi spazi, nel portare fisicità vera in area di rigore.
Alle sue spalle, Evan Ferguson continua a non trovare il gol, vitale per un attaccante. L’irlandese si muove tanto, ma spesso troppo lontano dalla porta. La sensazione è che cerchi la posizione più che l’istinto, e in un momento in cui la Roma ha bisogno di immediatezza, il suo gioco finisce per risultare più utile nella costruzione che nella finalizzazione. Un solo assist e zero reti: un bottino magro per un giocatore su cui Gasperini conta moltissimo.
L’attacco giallorosso, nonostante il talento diffuso, è in rodaggio. Serve tempo, serve pazienza, ma servono anche gol. Già da domenica contro la Fiorentina, dove la posta in palio è molto più alta di quanto la classifica lasci intendere. Serve concretezza, perché senza quella anche il primato diventa fragile.