Roma, senti Darboe: “Roma è stata una famiglia, Mourinho mi ha fatto crescere”

L’ex centrocampista giallorosso, ora al Bari, racconta il suo percorso, le radici a Trigoria e l’impatto del tecnico portoghese nella sua carriera.

Jacopo Mandò -
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Ebrima Darboe Bari
Ebrima Darboe con la maglia della Roma: il centrocampista gambiano ricorda con affetto i suoi anni a Trigoria – Romaforever.it

Non è una semplice dichiarazione di affetto: è un legame che attraversa generazioni, un filo che collega il giovane Darboe agli spogliatoi della Roma. Intervistato dal Corriere dello Sport, Ebrima Darboe ripercorre il suo passato: il Gambia, il viaggio, le difficoltà e poi l’abbraccio di Trigoria. Una scelta dolorosa come tante, ma anche la nascita di una seconda casa.

Dalle strade del Gambia al cuore di Trigoria

Darboe non edulcora il proprio vissuto: “Roma per me è stata come una famiglia. Mi hanno preso da ragazzino, mi hanno fatto diventare uomo”. È un omaggio alla società che ha creduto in lui fin da giovanissimo — all’umanità che va oltre le statistiche. Nel suo racconto emergono i valori del sacrificio, della gratitudine, del rispetto: non importa quanto lontano si arrivi, quel primo abbraccio resta inciso nel cuore.

È una crescita costruita anche tra compagni, battaglie, sogni condivisi con chi ancora oggi veste la maglia giallorossa. Darboe sottolinea che ha imparato da chi c’era prima, ma che quella Roma che lo ha formato non è uno sfondo da dimenticare, bensì un punto di partenza.

Mourinho, mentalità e orizzonti nuovi

Non poteva mancare un passaggio su José Mourinho, con cui Darboe ha condiviso momenti decisivi. “Lui è un vincente, con lui non puoi che imparare. La sua mentalità ti fa crescere, sia come uomo che come calciatore”. È una delle tessere dell’identità che Darboe porta dentro: disciplina, carattere, ambizione.

Oggi, con la maglia del Bari, guarda avanti. Non rinnega il passato, ma lo accarezza con orgoglio. Sa che parte del suo patrimonio personale è stato forgiato da Roma e da chi in essa ha creduto. E la frase che emerge sotto traccia è chiara: non importa dove stai giocando, quello che conti è chi sei diventato.