
Roma è una città che vive di estremi. Può cadere nella depressione più cupa e, un attimo dopo, rinascere dalle proprie ceneri. È accaduto di nuovo: dopo il passo falso con il Torino, la squadra di Gasperini si rialza nel modo più rumoroso possibile, vincendo il derby e restituendo al suo popolo la festa che più di ogni altra sa incendiare i cuori.
Al centro di questo racconto c’è Lorenzo Pellegrini. Un figlio di Roma, cresciuto all’ombra dei giganti Totti e De Rossi, che sembrava ormai dimenticato, ridotto a comparsa dopo mesi difficili e un’estate passata a domandarsi se sarebbe rimasto davvero. E invece, nel giorno in cui la Capitale si divide, è stato lui a unire, con un gesto semplice eppure eterno: un gol che vale una vittoria, che vale l’orgoglio di una città.
Il segno del destino
La Roma non ha convinto tutti sul piano del gioco, ma nel derby non conta. Conta la capacità di soffrire, di resistere, di colpire quando il destino ti concede l’occasione. Pellegrini lo ha fatto, e con lui un popolo intero ha rialzato la testa. Roma oggi è una Fenice: ha bruciato le delusioni recenti e si è riscoperta viva, ardente, affamata di futuro. Perché il derby non è solo una partita: è la misura dell’anima di una squadra, e ieri l’anima giallorossa ha ruggito più forte che mai.