
Alex Casella, ex direttore sportivo della Pro Vercelli, è intervenuto ai microfoni di TeleRadioStereo soffermandosi su Lorenzo Paratici, talento della Roma balzato agli onori delle cronache dopo l’exploit nell’amichevole contro il Roma City, terminata 8-0. Il giovane attaccante giallorosso si è messo in mostra con una straordinaria tripletta, confermando le ottime impressioni che lo circondano in questi giorni.
Sicuramente non sarà ancora pronto, è chiaro, ma Ricky Massara in questo caso, potrebbe veramente averci visto lungo. Talento rapido, tecnico e con fiuto del gol. Se confermerà il suo potenziale, Massara potrebbe aver messo a segno un colpo importante per il futuro giallorosso, assicurandosi un colpo di grande prospettiva.
Ecco le parole di Alex Casella.
Le dichiarazioni di Alex Casella su Paratici
Come ha scoperto Lorenzo Paratici?
“Lo avevo preso che era nel settore giovanile dilettantistico, amatoriale, dopo essere uscito dal percorso Juve perché non lo reputavano pronto. Mentalmente Lorenzo vedeva un calcio che gli altri non vedevano, è un ragazzo precoce di cervello. Fisicamente magari era un po’ in ritardo, ma cerebralmente era avanti. Aveva movimenti da giocatore di Serie A, che difficilmente vedi in quelle categorie. Lo sta dimostrando negli anni. A Vercelli era un po’ indietro ma con le sue qualità e con la voglia di dimostrare di poter avere un suo percorso, a prescindere dal cognome che porta, è riuscito a fare la differenza e a fare benissimo e questo lo ha portato ad arrivare alla Sampdoria. Dentro la testa è un giocatore velocissimo, riesce a essere sempre nel posto giusto al momento giusto”.
Quali sono le sue qualità principali? E i difetti?
“La qualità migliore è che sicuramente dove cade la palla in area lui è già lì. I tre gol che ha fatto con la Roma lasciano il tempo che trovano, ma l’anno scorso in Primavera 1 da sotto età e in una squadra che era retrocessa dopo il girone d’andata ha fatto 7 gol e nessuno banale. Riesce a leggere prima dove la palla arriva e quando va a concludere ha il fiuto del gol da attaccante vero. Con i dovuti rapporti, somiglia a Inzaghi. Ha delle letture che sono da giocatore vero e quando conclude calcia bene e vede la porta. Difetti? Quando lo avuto io, tre anni fa, era ancora nella formazione adolescenziale. Ora non è un giocatore completo e fisicamente non è arrivato, quindi ha grandi margini. E’ comunque difficile trovare in un ragazzo con un cognome così importante quella voglia e quell’aggressività lì. A Vercelli, per esempio, faceva un’ora e mezzo di treno per arrivare, l’allenamento era alle 16 e tornava a casa alle 21. E l’anno prima faceva i regionali. Avere quello spirito di sacrificio e quella voglia di dimostrare è una dote che gli sta consentendo di emergere e magari di ritagliargli un ruolo importante nel futuro prossimo“.
A livello personale che cosa ha provato dopo i tre gol nell’amichevole?
“Per noi direttori sportivi vedere un ragazzo che hai accompagnato nel percorso di crescita fare qualcosa di importante è motivo d’orgoglio e soddisfazione. Era un’amichevole e lascia il tempo che trova in quanto tale, il percorso quotidiano è quello importante. L’anno scorso ero alla Spal e, se non fosse fallita, avevo detto al padre Fabio che avrei fatto la scommessa di portarlo in Serie C per fargli fare il titolare. Fisicamente magari paga qualcosa, ma ha quel qualcosa che gli altri non hanno”.
Come si gestisce l’ondata improvvisa di articoli e attenzioni da parte di un ragazzo neanche 17enne?
“Lui ha una fortuna rispetto agli altri ragazzi: ha vissuto in una famiglia con i riflettori sempre puntati addosso. L’attenzione verso di lui c’è da bambino, questa cosa rischia di essere penalizzante ma crescendo così ti fortifica e diventa qualcosa con cui convivi e cresci. Essere figlio di Fabio Paratici e vivere a Torino, giocare alla Juve, non era semplice. Quando cresci così è diverso, sicuramente, ma ti permette di gestire meglio situazioni del genere perché ci hai già lavorato negli anni”.
Ha avuto modo di parlare con Lorenzo?
“No, dopo l’amichevole no. Ricordo che mi scrisse l’anno scorso dopo la convocazione in Nazionale per ringraziarmi del percorso che aveva fatto, è un ragazzo fantastico e umilissimo. Si merita il meglio e quello che sta avendo. Se è tifoso della Juventus? Purtroppo nel calcio oggi, tolti De Rossi e Totti, alla fine si è nel mondo del lavoro e si deve dare sempre il 100%. Si perde il fatto di tifare per una squadra o un’altra”.
È inverosimile pensare che Paratici da qui a fine stagione possa esordire in Serie A?
“Nel calcio mai dire mai, i percorsi sono da costruire. Gasperini è un allenatore coraggioso e magari a volte usa queste cose per tirare un po’ per le orecchie ai giocatori più esperti, ma serve un giocatore integro e forte. Se riesce a reggere i ritmi di lavoro di Gasp avrà grande possibilità di esordire, secondo me. All’Atalanta lo ha fatto con tantissimi e sicuramente con la Roma proverà a seguire lo stesso tipo di discorso. Chi regge quel tipo di lavoro, alla fine, viene premiato. Lorenzo è stato sempre abituato ad avere i fari puntati, avere avuto a che fare con campioni fin da bambino lo ha magari abituato a vederli come persone normali e non come marziani. Sicuramente sa che chi arriva a quei livelli là ci arriva solo per doti tecniche o qualità, ma soprattutto grazie al tantissimo lavoro e alla professionalità”.