
Daniele Ghilardi, dopo il debutto nell’amichevole contro l’Aston Villa, sta lavorando per scalare posizioni e guadagnarsi un posto stabile nella retroguardia giallorossa.
Il primo passo lo ha già fatto, indossando per la prima volta la maglia della Roma in partita. “Sono contento di aver esordito, anche se si trattava di un’amichevole”, racconta con un misto di entusiasmo e concentrazione. Il risultato non lo ha soddisfatto, ma la priorità è comprendere i movimenti e le richieste di Gian Piero Gasperini, un allenatore che pretende molto da chi scende in campo.
Per Ghilardi il calcio è anche un sogno che guarda oltre. La Nazionale maggiore è un obiettivo reale, e portare la fascia con l’Under 21 è un onore che vive con serenità. La pressione non lo spaventa, anzi: “Farò il gladiatore in campo, è quello che mi riesce meglio”, dice con un sorriso sicuro.
Da bambino, a Lucca, giocava in attacco e sognava le giocate di Fernando Torres con l’Atletico Madrid. Poi il passaggio in difesa, dove i modelli sono diventati Sergio Ramos e Virgil van Dijk, due riferimenti per forza, carisma e capacità di guidare il reparto. Sulle preferenze tattiche resta flessibile: a 4 o a 3 per lui non cambia, l’esperienza tra club e Nazionale gli ha insegnato ad adattarsi e rendere ovunque.
Il metodo Gasperini è chiaro: intensità, marcatura stretta, ridurre al minimo spazio e tempo per l’avversario, e un impegno totale sia sul piano fisico che mentale. Ghilardi lo ascolta, prende nota e lavora. Sa che tutto si può migliorare, e per lui il gioco aereo è l’aspetto su cui vuole crescere di più, mentre considera la lettura delle situazioni la sua qualità più naturale.
Il gol gli manca. In Serie A non ha ancora segnato, e l’idea di farlo in un derby lo fa brillare negli occhi. Lo ammette senza esitazioni: sarebbe il massimo dell’emozione.
Il passato alla Fiorentina non lascia amarezze. “Nessun rancore, mi hanno cresciuto”, spiega, riconoscendo l’importanza di quel percorso. Ora c’è la Roma, una grande occasione che vive con gratitudine.
In questi primi giorni, due compagni lo hanno colpito particolarmente. Manu Koné, per potenza fisica, e Mario Hermoso, per tecnica e qualità, oltre a essere, dice, una persona straordinaria. E nello spogliatoio i leader più esigenti sono chiari: Bryan Cristante e Gianluca Mancini, sempre pronti a spingere i giovani a dare il massimo.