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Rivalità senza fine. Lo scippo Falcao firmato Andreotti e la frenata su Totti di Silvio e Moratti

Sabato 29 luglio 2017
E dire che i milanisti lo scorso maggio erano stati addirittura affettuosi con il simbolo del calcio romanista: «La Sud rende omaggio al rivale Francesco Totti» lo striscione comparso a San Siro dopo 10 secondi di standing ovation all'annuncio delle formazioni. Un gesto elegante, no? Ma nonostante l'alta velocità abbia agevolato gli scambi Nord-Centro così che puoi pranzare a piazza di Spagna e cenare in piazza Duomo senza affanni da aeroporto, i poli italici non si attraggono. «Cosa possiamo farci se Milano ci invidia?». Così Virginia Raggi, orgogliosa sindaca di Roma, fotografa le distanze commentando le maratone da 42 km disputatesi il 2 aprile nelle due metropoli. «Più di venticinquemila runner hanno scelto la nostra città» la pronta replica di Roberta Guaineri, assessore allo sport del Comune meneghino. Ma certo, continuiamo ad avere una capitale amministrativa nel Lazio e una capitale economica in Lombardia.

IL DIVINO
- Tornando al calcio, il dispetto indimenticabile resta lo «scippo di Falcao». Il divino Giulio Andreotti, negli anni di massimo splendore politico, indusse il presidente nerazzurro Ivanoe Fraizzoli a stracciare il contratto con l'Inter firmato dal fuoriclasse brasiliano dopo lo scudetto vinto in maglia giallorossa. Bastò una telefonata nella quale il leader della DC invece di parlare di Falcao chiede a Fraizzoli come va la sua azienda produttrice di divise assai apprezzate nei ministeri e nelle caserme... Lo stesso Andreotti si cucì sul petto la medaglia: «Il caso Falcao? Diciamo che me ne sono interessato da tifoso e si è risolto».

MA TOTTI NO
- Sia Berlusconi che Moratti, in tempi successivi, hanno cercato di ingaggiare Francesco Totti fermandosi però dinanzi alla «romanità» del genio giallorosso. Re Silvio, che aveva portato via da Roma nel 1987 Carlo Ancelotti, che pure era il capitano della squadra, capì che il legame di Totti con la città era troppo viscerale. Stessa considerazione, a malincuore, la fece Massimo Moratti che si accontentò di ingaggiare un altro protagonista del terzo scudetto, Omar Batistuta. Ma l'argentino, afflitto dai problemi fisici, giocò appena 12 partite (2 gol) destando il poco simpatico commento del presidente Sensi: «Gli abbiamo rifilato ‘na fregatura». Gli ingenui sgobboni di Milano gabbati dai furbi della Capitale: quante commedie ci hanno fatto sorridere con questo stereotipo... Adesso però, a sentire Pallotta, la fabbrica delle «sole» si è trasferita in via Paolo Sarpi, la Chinatown milanese: lo Stivale si è capovolto?
di N. Cecere
Fonte: Gazzetta dello Sport
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