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Abodi contro Malagò, il derby di Roma si gioca ai vertici dello sport

Il Ministro dello Sport e il presidente del Coni sono rivali sul campo, ma con rispetto: "L'auspicio è che sia una partita giocato sul campo, per una dimostrazione di maturità delle due tifoserie"
Sabato 11 novembre 2023
La fede calcistica ha la sua sacralità, tanto che per molti è l'unica cosa che nella vita non si cambia, assieme alla mamma. Le circostanze possono però portare a smussare l'indole più viscerale della passione e cancellare il cosiddetto "tifo contro". È quello che è successo ad Andrea Abodi e Giovanni Malagò, rispettivamente tifosi di Lazio e Roma nonché Ministro dello Sport e presidente del Coni. Già, c'è un derby anche ai vertici dello sport italiano, rappresentato da due romani quasi coetanei (63 anni Abodi e 64 Malagò), entrambi nati sotto il segno dei Pesci, con tante cose in comune e qualche sostanziale differenza. A noi ne interessa una, quella che domani pomeriggio porterà uno a trattenere il fiato per la squadra di Sarri e l'altro a stringere i denti per quella di Mourinho.

SENZA IPOCRISIA — È chiaro, visti i loro ruoli devono essere imparziali e decisamente superiori a certe dinamiche "pallonare". Ma nessuno ha ceduto alla fin troppo facile tentazione di rifugiarsi in quasi sempre pretestuoso: "Io non tifo". L'ipocrisia non fa per loro, persone politicamente attente che sanno che certi passi indietro sono più rischiosi di una genuina e comprensibilissima presa di posizione. Soprattutto se, come nel loro caso, si accompagna ad una storia istituzionale in cui il tifo non ha mai trovato neanche il minimo spazio. Lo ha spiegato bene una volta lo stesso Malagò: "Il più grande errore è nascondere la passione per una squadra, non accetto che qualcuno faccia finta di non tifare niente. Uno deve essere serio. Io sono della Roma, ma sono più uno sportivo che un tifoso". Ecco, così si è davvero credibili.

SCELTA E TRADIZIONE — Ministro e presidente sono arrivati alla propria scelta calcistica in modo diverso. Abodi infatti non nasce laziale. Ha raccontato tempo fa: "Da bambino ero tifoso del Napoli, perché andavo in vacanza dove si teneva il ritiro dei partenopei. Poi dal celeste sono passato al biancoceleste. Un passaggio che mi è venuto naturale, ad un certo punto mi sono trovato ad esser della Lazio. Forse perché è la squadra della mia città. Ancora adesso vado a vedere le partite in Tevere". Una scelta, dunque, non dettata dalla tradizione familiare, come invece nel caso di Malagò. Suo padre Vincenzo ha trascorso una vita all'interno della Roma, di cui è stato tra l'altro il più giovane consigliere, per poi diventare vicepresidente sia nel periodo dello scudetto del presidente Viola (1983) sia in quello di Sensi (2001) e acquisire il ruolo di reggente subito dopo la bufera Ciarrapico. Che il piccolo Giovannino diventasse romanista era inevitabile. "Il rituale della domenica era paste al bar Euclide, messa, pranzo di corsa e poi in macchina con papà fino al nostro posto in tribuna Monte Mario", ha svelato. Malagò ha iniziato ad andare allo stadio a circa sei anni e non ha più smesso. In passato gli è stato anche chiesto di diventare presidente della Roma ("Almeno due volte"), ma la vita gli ha fatto prendere altre strade.

LA SFIDA — Domani all'Olimpico Abodi ci sarà, mentre Malagò - che viene da un periodo lungo di viaggi in mezzo mondo - ha scelto di stare in famiglia e guarderà il match in tv. Per entrambi il derby è una partita speciale. Ribadito che i due vivono il calcio nel segno della sportività, di recente il ministro ha sottolineato - con goliardia e senza alcuna polemica - di essere "della Lazio perché è venuta prima della Roma", ma ieri ha ribadito: "L'auspicio è che sia un derby giocato sul campo, per una dimostrazione di maturità delle due tifoserie. Pericolo antisemitismo? Mi auguro di no". Il presidente del Coni ha detto di avere nel cuore la stracittadina "con la doppietta di Totti" nel 2-2 del 2015 e di essere rimasto "ovviamente dispiaciuto per la finale di Coppa Italia del 26 maggio 2013". Oggi Lazio e Roma si giocano tanto. Ministro e presidente avranno gli occhi puntati sull'erba dell'Olimpico. Con tanta sportività e zero ipocrisia.
di Elisabetta Esposito
Fonte: Gazzetta dello Sport
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