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Da Roma a Napoli, il segreto di Spalletti: vivere sempre con la voglia di crescere

Lo fece già nella Capitale, ma ora in questa nuova avventura napoletana sta forse dando ancora di più. Nella gestione attenta e coerente di un gruppo che ha rimodellato dopo la rivoluzione d'estate
Mercoledì 19 ottobre 2022
Non sarà una partita come le altre, per Luciano Spalletti. Roma-Napoli è una gara speciale, ma solo perché - nel suo mondo, nella sua brillante carriera - nulla è ordinario. E ogni sfida equivale a un esame. Con la voglia di spostare più avanti il proprio orizzonte, di vedere se c'è ancora qualcosa da sperimentare, senza dimenticare il passato, guardando il presente, ma immaginando il futuro. È per questo che, al contrario di ciò che si dice e si pensa, Luciano Spalletti non è indecifrabile. Dietro ad ogni parola, ad ogni sfuriata, alla testa sbattuta sul tavolo delle conferenze, agli occhi sgranati, c'è un uomo - più ancora che un allenatore - geloso del proprio lavoro, del proprio impegno, del proprio studio, di una ricerca che non si interrompe.

Il suo apparente tormento, in cui si muove invece benissimo, è il modo per tranquillizzarsi, appagando se stesso e la sua voglia di avvicinarsi all'impossibile idea della perfezione. A Roma, in due diverse occasioni, e adesso a Napoli ha concentrato tutto il meglio di sé. Anche se sarebbe offensivo - e per lui inaccettabile - ridurre la sua brillante carriera in due sole esperienze. La verità è che Spalletti, non sarà l'unico, ma è tra i pochissimi a non aver sbagliato mai una stagione. Da Empoli a Udine, dalla Roma allo Zenit di San Pietroburgo, dalla Roma all'Inter, per arrivare a questa esperienza di Napoli. E verrebbe da dire che non ha sbagliato neppure a star fermo due anni, aspettando di ricaricarsi, per poter tornare con lo stesso entusiasmo di prima. Certo è che in giallorosso ha conosciuto un arcobaleno di sensazioni, facendo innamorare i tifosi nel primo ciclo, con il suo calcio spettacolare e corale, per poi farli infuriare per i suoi rapporti tormentati con Totti. Che in qualche modo hanno anche oscurato l'ottimo lavoro sul campo. Perché se la prima volta c'erano stati i rimpianti per un secondo posto alle spalle dell'Inter, anche nell'altra occasione è riuscito ad arrivare a quattro punti soltanto dalla Juve dei record. Ma, come detto, sarebbe riduttivo, ingeneroso, racchiudere il meglio della sua vita di allenatore in due sole esperienze. Perché come alla Roma ha inventato Totti centravanti arretrato e Perrotta incursore, nell'Inter ha avuto la felice e straordinaria intuizione di affidare a Brozovic la regìa della squadra. La testimonianza concreta della sua ricerca continua di non far distinzioni, nel privilegiare le individualità o il collettivo.

Fatto sta che in questa nuova avventura napoletana, sta - come detto - forse dando ancora di più. Nella gestione attenta e coerente di un gruppo che ha rimodellato dopo la rivoluzione d'estate. Rifiutando gli eccessi, imponendo il perfetto equilibrio che si vede anche in campo, dove convivono storie di calciatori e di uomini. Capaci di superare anche gli slogan, le ovvietà del mondo del calcio: dalla necessità di concedere tempo a una squadra che ha cambiato moltissimo e a giocatori che sono arrivati da campionati lontani. Ecco perché Kvara in particolare, ma anche Kim, sembrano la risposta perfetta a chi pensa al pallone - in fondo una sfera - come a una scienza, escludendo la magìa degli incontri. Ma nulla sarebbe stato impossibile se, accanto alle nuove scoperte, non ci fosse stato la voglia e lo spazio per far crescere e far diventare protagonisti anche Lobotka o Mario Rui. Insomma, un percorso di intuizioni e lavoro che si era già visto per due volte alla Roma. Sempre però immaginando di poter crescere ancora. Perché questo è il segreto, il vero segreto, di Luciano Spalletti.
di Alessandro Vocalelli
Fonte: Gazzetta dello Sport
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