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Roma, da Cerezo ad Ancelotti, ecco Perinetti: "Il mio mercato vecchie maniere"

Domenica 06 gennaio 2019
Giorgio Perinetti, romano, 67 anni, dg del Genoa, un passato con Roma, Napoli, Palermo, Juventus, Como, Siena, Bari e Venezia.

Perinetti, quando ha cominciato a fare mercato?
«A ventisette anni, con la Roma del presidente Anzalone. C'era Moggi direttore sportivo, io ero uno dei suoi giovani collaboratori».

Prima trattativa?
«No, primo viaggio a Milano, hotel Leonardo da Vinci. Indimenticabile...».

Per l'emozione del debuttante?
«No, per il blitz dei carabinieri nella hall».

Cioè?
«L'avvocato Campana, allora presidente dell'assocalciatori, aveva denunciato tutti. Ecco spiegati i carabinieri che identificavano e perquisivano tutti gli uomini del calcio che alloggiavano in quell'albergo. Quattro luglio del settantotto, vada a controllare».

Problemi per lei?
«No, risalii di corsa in camera, presi la ventiquattro ore che conteneva i moduli per le trattative, uscii dalla scala esterna dell'hotel e mollai la valigetta ad un mio collega che ci mise un attimo a sparire a tutto gas in direzione Torino. Erano semplici fogli di carta prestampati ma erano vietati».

Altri tempi, altro mercato...
«Stiamo parlando di anni in cui il massimo della tecnologia era un telex. Manco il fax c'era... Oggi con internet, telefonini e email è una passeggiata di salute».

Meglio prima o adesso?
«Prima era tutto più romantico... Bastava una stretta di mano per chiudere l'affare e chi sgarrava, chi non manteneva la parola veniva estromesso dal giro».

Erano trattative fatte di incontri reali, non di ore attaccati ai telefonini.
«Esatto, si prendeva la macchina e si partiva per incontrare dall'altra parte d'Italia presidenti e direttori sportivi. Migliaia di chilometri su e giù per le autostrade... Faticoso ma bello».

Non c'era un posto fisso dove incontrarsi?
«Per anni l'inizio del torneo di Viareggio, intorno a febbraio, ha rappresentato l'avvio non ufficiale del calciomercato. Ci si vedeva tutti lì, allo Stadio de Pini, e si cominciava a parlare con i colleghi gettando le basi per le trattative dei mesi successivi».

Lei quante ne ha all'attivo?
«Faccio mercato da trentotto anni, in media - comprese quelle per il settore giovanile - se ne chiudono una quarantina l'anno e quindi il conto è facile».

E calcolando pure le trattative non andate a buon fine?
«Beh, allora il numero si moltiplica per tre. Almeno».

Ma il mercato chi lo comanda: presidenti, diesse o agenti dei calciatori?
«I presidenti hanno sempre l'ultima parola, ma oggi si è trovato un giusto equilibrio tra le tre componenti rispetto al passato».

Che era squilibrato verso?
«Verso gli agenti dei calciatori».

Il posto più strano dove ha fatto una trattativa?
«Ovunque, a qualsiasi ora del giorno o della notte. Quasi sempre di nascosto o al riparo da orecchie indiscrete. Quasi sempre...».

Cosa vuol dire?
«Per le cessione di Ancelotti al Milan, ad esempio, ci incontrammo con Galliani a Roma, chiudemmo la trattativa e decidemmo di andare a cena. "Ci penso io, conosco un posto all'aperto, un giardino tranquillo e sconosciuto ai giornalisti. E poi è buio", disse Galliani. Con me c'erano Previdi e Ettore Viola, andammo, cominciammo a mangiare ma dopo una decina di minuti ecco spuntare da dietro le siepi le teste di uno, due, tre, quattro e più giornalisti. Addio segreto...».

Il colpo mancato che le è rimasto qui?
«Weah al Napoli. Era tutto fatto con il Monaco, poi all'ultimo lui scelse il Psg. E dopo pochi mesi con il Psg ci fece due gol in Coppa Uefa».

E il bluff su Cerezo?
«La Roma aveva appena vinto lo scudetto dell'83 con Prohaska, ma durante l'ultimo "torello" dell'anno al Tre Fontane l'austriaco tirò involontariamente una pallonata in faccia a Liedholm. Il Barone, su indicazione del mago Maggi, "questo è uno che si porta dietro tanta negatività", decise di cacciarlo e così cominciammo in gran segreto la trattativa con l'Atletico Mineiro per Cerezo. Dopo settimane non avevamo ancora in mano niente di concreto, ma io bluffando andai in Lega a Milano e depositai fogli di carta senza alcun valore. Fuori dagli uffici una marea di giornalisti. "Visto che hai depositato il contratto, dicci chi è il nuovo straniero della Roma?". Io, che non potevo farmi scoprire, risposi: dirà tutto stasera il presidente Viola a Roma alla festa scudetto a Villa Rosa. Ovviamente la sera Viola non disse niente, la pressione della stampa calò e nel giro di poche settimane Cerezo arrivò a Roma».
di Mimmo Ferretti
Fonte: Il Messaggero
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