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Il preparatore Rongoni (ex Roma) "Stacchiamo la spina, no allo stress"

Ha lavorato con Totti e De Rossi ai tempi di Garcia, che adesso ha seguito al Lione: «Ci sarà tempo per recuperare la forma fisica, massima attenzione a dosare l'intensità»
Lunedì 16 marzo 2020
«La salvaguardia della salute è la cosa più importante. Fermarsi in questo momento non rappresenta un problema, ci sarà tempo per recuperare la condizione fisica: se poi lo stop dovesse essere molto lungo, bisognerà ricominciare la preparazione come si fa in estate». Paolo Rongoni, ex preparatore atletico della Roma, ora fa correre il Lione di Rudi Garcia, vincitore 1-0 nell'andata degli ottavi di finale di Champions League contro la Juventus. L'esperienza Coronavirus sta stravolgendo il calcio mondiale, e i professori come lui stanno correndo al riparo per ricalibrare i programmi di lavoro delle squadre professionistiche.

La Roma ha sospeso gli allenamenti a tempo indeterminato: che impatto può avere sulla condizione fisica dei calciatori?
«Nessuno, se parliamo di squadre di prima fascia che hanno fatto già un percorso di campionato e coppe europee. Il ritmo è stato infernale, dal 6 gennaio si è giocato ogni tre giorni, se si stacca un attimo la spina non succede niente. Se consideriamo un mese di stop, nella seconda quindicina bisogna fare lavoro aerobico, addominali, senza mettere intensità perché se qualcuno fosse positivo al coronavirus potrebbe avere gravi danni».

Se invece lo stop fosse più lungo? In Italia si parla di riprendere il campionato il 2 maggio e di proseguire fino al 30 giugno.
«Il problema più grande è quello della progressività del virus, c'è il rischio che i campionati riprendano in tempi differenti e per questo la Uefa dovrebbe imporre date uguali per tutti i Paesi. Giocare ogni tre giorni a maggio non sarebbe un problema, però in questo caso bisognerebbe fare una nuova preparazione».

I calciatori giallorossi postano sui social le loro sessioni di allenamento: psicologicamente è un problema lavorare da casa?
«La maggior parte di loro vive in ampi spazi, non ci sarà un forte impatto psicologico ma non bisogna proporre lavori stressanti».

Come è la situazione in Francia?
«Come quindici giorni fa in Italia, chi segue l'attività italiana ha già visto. Per fortuna proprio nelle ultime ore il governo ha inasprito i provvedimenti ma lo Stato francese ancora non fa test, li fanno solo in casi più gravi, non si rendono conto. Dalla finestra di casa mia vedo il mare e anche in questo momento ci saranno cinquecento persone che fanno l'aperitivo. Gli ospedali sono pieni ma non si sa, a Lione sembra che ci siano più contagiati che da altre parti».

Contatti con l'Italia?
«Ho gran parte della mia famiglia vicino a Porto San Giorgio, nelle Marche, dove fortunatamente sembrano esserci pochi contagi. Avrei voglia di andarli a trovare, ma se vengo in Italia non mi fanno più rientrare in Francia. Qui ci sono mia moglie e i miei figli, stiamo adottando il "protocollo italiano". Andiamo a fare la spesa quando c'è meno gente, i miei figli non prendono i mezzi pubblici».

Anche in Francia il campionato è sospeso.
«I calciatori per il momento non sono contagiati, se la Juventus non avesse fatto i test a causa della positività dei ragazzi della Primavera, probabilmente non se ne sarebbero resi conto nemmeno loro. Tutte le società tengono la stessa linea».

Sembra che lo sport sia avanti anche rispetto alla politica.
«I nostri l'hanno presa seriamente. Hanno scherzato fino a qualche tempo fa ma poi, dopo che abbiamo affrontato la Juventus e che i ragazzi del settore giovanile sono stati a Bergamo per giocare contro l'Atalanta, si sono resi conto della situazione. Se non ci avessero bloccati, ci saremmo fermati noi. L'associazione calciatori è molto forte: hanno paura e per questo stanno più attenti».
di Gianluca Piacentini
Fonte: Corriere della Sera
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