Avete letto della Kings League, quel campionato inventato da Gerard Piqué in Spagna, a mezza strada fra il calcio e lo spettacolo?
Dodici squadre, con ognuna un influencer per presidente, si affrontano su un campo ridotto 7 contro 7. Due tempi di venti minuti, non c'è pareggio (eventualmente i rigori), espulsioni a tempo dai 2 ai 5 minuti e la possibilità di estrarre una "carta a sorpresa" in qualsiasi momento della partita come con gli "imprevisti" al Monopoli: può toccarti un rigore a favore o contro, che il rigore lo tiri l'influencer presidente della tua squadra, l'espulsione di un tuo giocatore o di uno degli avversari, ecc. Il tutto in mezzo a un contesto di spettacolo con musica, happening ecc.
Domenica hanno giocato la finale a quattro nel Camp Nou con 40.000 spettatori sugli spalti, moltissimi ragazzini carne da Tik Tok. E la cosa sembra avere un successo enorme. È già prevista una Queens League per donne.
Butto là alcune considerazioni. Leggo che in Spagna, tolti i partitoni Madrid-Barça, altre partite in tv non le vede quasi nessuno, nel senso che magari gli spettatori danno un'occhiata ogni tanto a un Celta-Valencia e fanno zapping continuamente.
C'è un calo della capacità di concentrazione in tutto ciò che facciamo. Non solo si leggono sempre meno libri, ma anche il cinema si adatta a questo cambiamento antropologico dovuto alle nuove tecnologie: le scene e le inquadrature dei film attuali durano molto di meno di quelle dei film di qualche decennio fa. Abbiamo bisogno di variare continuamente, di ritmi accelerati per non perdere l'attenzione. Questo accade soprattutto fra i giovani. Vedo gli studenti incapaci di scrivere un testo (e di capirlo) perché semplicemente non leggono altro che brevi messaggi sui social, non guardano i TG, non leggono i giornali (neanche quelli online).
Di qui la Kings League: ritmo, entertainment, personaggi famosi, tempi brevi e, come in rete, eventi e tifosi deterritorializzati, perché quelle squadre dai nomi buffi non sono legate a nessuna città, a nessuna tradizione.
Al contrario, i nostri sold-out all'Olimpico scaldano il cuore. Non so cosa sarà della Kings League, ma è bello che ci sia almeno un posto nel mondo dove la complessità del calcio (e della vita) non venga spezzettata e banalizzata, e l'amore e la passione collettiva non siano sostituiti da tanti piccoli, superficiali orgasmi individuali e sintetici.
Stavolta sono d'accordo con Pluto!
Solo una nota: non è solo col telefonino o l'ipad o giocando con il pc che si rincohlioniscono i figli dei minus habentes: pensiamo a quanti giovani e giovanissimi/e sono stati mandati a perdersi con l'alcool: che non è mai stato presentato come il fumo, o la droga, per i quali c'è più "riprovazione".
Ai miei tempi era "maschio" fumare, adesso fumano le ragazze ed è "maschio" bere nella movida (che è una specie di nuova fiat aperta in ogni centro storico) e questi teneri muoiono di notte come mosche.
La selezione della specie si fa in tanto modi: e la guerra è solo il più esplicito.
Leggo la news sui possibili arrivi: per farli arrivare davvero occorre vincere; diversamente vedo a rischio Zal, Ibanez, Smalling, Abramo e persino Pelle: nella carestia partono i bastimenti...
Se succede, se cioè arrivano quelli che leggo, a parte Firmino che purtroppo arriverà un po' postumo, mi compro sei cravatte gialle e rosse, una per giorno, e la domenica mi riposo: al momento ne ho tre, fra cui una di Fendi a pallini gialli, seta finissima, ma non posso metterla mai: se la metto la Roma perde; la comprai taaanti anni fa, e la indossai per la prima volta col Liverpulle, ahia. Forza Roma
La Kings League rispetto al calcio è ciò che il Wrestling è rispetto al pugilato.
Da un lato spettacolo fine a se stesso, imbottito di colpi fasulli, risultati già scritti, idoli di cartapesta, dall'altra sudore, fatica, dolore e, nella stragrande maggioranza dei casi, rispetto vero fra due uomini per i quali il combattimento è una sfida prima di tutto verso se stessi, è resistenza al dolore e ai colpi, ricerca della maestria e della tecnica pure in uno sport cruento, e mai odio o disprezzo per l'avversario.
Faccio i complimenti a Luigi per la 'profondità' del post che esula dai soliti discorsi banalizzati (Mourinho si o no, a Roma non si vince perché piazza troppo complicata ecc).
Lo stiamo notando tutti e a tutti i livelli.
Le partite sono un accozzaglia di episodi dove tutti pure gli arbitri partecipano attivamente all'estemporaneità degli eventi ma senza emozioni senza un filo logico o una storia.
Questa King League è una MOSTRUOSITA'.
La madre di tutte le partite Italia Germania 4-3 definita 'la partita più emozionante del secolo' ma anche quella dai risvolti socio culturali più ampi (la guerra Mondiale, la contrapposizione economica e sociale), il coraggio contro l'astuzia, la grinta la volontà di non voler perdere contro la volontà di riscatto.
L'intelligenza contro la forza fisica, la tattica esasperata contro l'attacco sconsiderato tutto 'dentro' quella partita.
Invece oggi abbiamo il calcio senza EROI, spezzatino e spezzettato da tanti episodi senza un perché buttati là per farci divertire (per modo di dire).
Partite da Playstation più che da tv.
E la TV? Siamo inondati di programmi spazzatura con finte litigate, personaggi strambi e improbabili, storie assurde solo per alzare l'audience. I programmi calcistici della Rai ho letto il mitico 90minuto e la Domenica Sportiva ormai ridotti ai minimi storici di ascolti SCOMPARIRANNO.
E così via.. I film sulle nuove piattaforme?
Una marea di effetti e immagini qualitativamente ottimi ma trama, recitazione e originalità inesistenti.
Centinaia di film scopiazzati senza un perchè.
E intanto il calcio sprofonda sempre di più con gli ascolti.
Finalmente è sfatato pure il falso mito della juve che 'nutre' tutti gli altri club con i suoi spettatori.
1 milione e 200 mila spettatori a partita le partite su DAZN della juve, 1 milione e 100 il Milan, 1 Milione cica Roma e Inter. Tutti UGUALI.
Dov'è la salvezza?
Come avete scritto, che si capisca finalmente che lo sport è bello quando tutti competono per vincere.
Se su 20, 5 giocano per perdere, 10 per partecipare, e 5 soli per vincere il destino di questo calcio è segnato.
Partite da seguire facendo zapping tra una chat del lavoro e quella dei genitori, mentre si cucina col telefono in mano o si parla del più o del meno.
Una volta la partita della domenica era una cosa SACRA da seguire in religioso silenzio.
Il problema é purtroppo generalizzato a tutti i livelli e mi trovo assolutamente d'accordo con quello che dicono Pompeiano e Luigi.
Vi racconto un'altra storia sul tema...
L'otorino che ha visitato uno dei miei due figli per delle otiti ripetute si occupa anche di disturbi della concentrazione e problemi analoghi.
Mi raccontava che il numero di bambini con "disturbi della concentrazione" era cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi dieci anni e all'inizio non riusciva a spiegarselo.
Poi ha iniziato a chiedere sistematicamente il numero di ore passate davanti agli schermi ogni giorno (parliamo di bambini dai 3 ai 10 anni)...
C'erano bambini di 3 anni che già passavno 3 ore al giorno davanti agli schermi e si addormentavano davanti all'iPad...
La spiegazione é tutta là, secondo me.
Ai nostri tempi, che non erano migliori, ma soltanto differenti, non c'era il problema di addizione agli schermi (o almeno era minore) perché non c'erano tutte le opportunità che abbiamo adesso. Le persone erano COSTRETTE a leggere e, a volte, a scrivere.
C'é un interessantissimo articolo, che non trovo piu', che spiega come tutti i grandi capi delle società di videogiochi limitino drasticamente il tempo passato sugli schermi dai loro figli.
L'elite si difende, mentre fa sprofondare nel semi-analfabetismo la massa.
Servono persone che producono e consumano senza pensare troppo...
Luigi, hai fatto una disamina davvero esemplare di questa nuova pagliacciata che, speriamo, possa rimanere confinata nell'ambito in cui è nata ma che di sicuro intercetta non solo una tendenza ma una vera linea di evoluzione comportamentale e, mi azzardo a dire, neurologica, delle generazioni più giovani.
Io aggiungo un altro livello di lettura del fenomeno, forse sociale (o antropologico?) : ibridi tra il gioco e la fiction come la Kings League soddisfano un'eterna esigenza di svago/relax che ormai monopolizza le nostre giornate. Come scrivi tu, non ci si impegna nemmeno più nel leggere un quotidiano o vedere una partita di calcio: dobbiamo svagarci!
E la passione tipica del calcio, marcata da immedesimazione e da sofferenza per una sconfitta, mal si presta al novus homo negotiis solutus...
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