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Mediapro, lo show del calcio comincia qui

Martedì 27 febbraio 2018
Cambiare si può. Vale anche per il calcio italiano, costretto al commissariamento per poter finalmente mutare regole e protagonisti. Non solo Fabbricini e Malagò: l'opportunità di un profondo cambiamento passa anche attraverso una società spagnola, l'ormai famosa Mediapro, che, tra lo stupore generale, ha acquisito la totalità dei diritti televisivi del nostro campionato. Ma chi sono, cosa vogliano realmente fare questi spagnoli, ora con il 53,5% in mano dei cinesi della Orient Hontai Capital, della nostra Serie A? E' bastata una giornata in una delle due loro sedi a Barcellona, quella produttiva (un palazzone di 16 piani con terrazza all'ultimo piano da cui si domina l'intera città catalana), per capirne la portata, la filosofia e le potenzialità. Sono i due fondatori Jaume Roures e Tatxo Benet a spiegare il mondo di Mediapro. Una società nata poco più di 20 anni fa con un pullman regia per la ripresa delle partite e ora diventato uno dei più importanti gruppi audiovisivi del mondo. Calcio, film, fiction, show televisivi, pubblicità: la sensazione è quella di una autentica "macchina da guerra". Sale regia, studi (il più grande di 1000 mq), redazioni, uffici e, sparsi in tutto il mondo, 561 giornalisti, 542 tecnici, 158 operatori di ripresa, 543 producers e 74 ingegneri. L'attività all'interno dell'edificio è pulsante, con partite, telecronache, servizi e produzioni realizzate per i vari canali spagnoli e per operatori di ogni continente.

LE CIFRE
Durante la visita si assiste alla regia remota, fatta direttamente dal centro di produzione e non allo stadio, di Celta Vigo-Eibar. E' uno dei 4 set up con i quali vengono prodotte le partite della Liga e quelle della seconda e terza divisione. Il formato top è naturalmente per le gare di Real Madrid e Barcellona, sempre riprese con 20 telecamere, mentre per el Clasico ne sono previste 25. Dalla sede di Avinguda Diagonal, si passa al Nou Camp per toccare tecnologia, operatività ed efficienza sul campo. Tutto perfetto, fin troppo, conoscendo i limiti strutturali degli impianti italiani, scomodi e antiquati. Una volta compresa la potenzialità del gruppo e aver ammirato il Barcellona di Messi travolgere il malcapitato Girona, che Roures e Benet seduti intorno ad un tavolo, tra jamon, paella e buon vino, lasciano intendere come si muoveranno nel nostro Paese dopo un investimento di 1.050.001.000 di euro. Il loro obiettivo è di estendere la visione del nostro campionato a più tifosi possibili. Non solo satellite e digitale ma tutte le piattaforme. «Il calcio italiano come prima cosa deve capire cosa genera - afferma Tatxo Benet -. La nostra stima è di minimo 2 miliardi. In Italia il prezzo dei dritti era fermo da anni ma ci sono più abitanti e abbonati che in Spagna. Manca la concorrenza fra operatori. Distribuendo su più piattaforme si raggiungono più tifosi e cala il prezzo». Ovvio che il canale tematico sia il loro principale obiettivo, sicuri che rappresenti la soluzione migliore alla quale arriveranno presto in Inghilterra e Spagna. Al momento, venderanno pacchetti ai vari operatori, fatta salva la possibilità di realizzare pezzi di prodotti audiovisivi a un distributore-editore che li richieda (telecronache o interviste pre e post partita). Di certo Mediapro vuole negoziare la produzione dei match coi club (ora 6 lo fanno in proprio, 14 con Infront) per dare un'identità al campionato, passando anche per prati curati e spalti pieni. «La Liga ha una locomotiva, Real-Barcellona. La Serie A almeno 4: manca solo che il treno sia ben agganciato e prenda ritmo - dice Roures -. Però i club non devono difendere interessi particolari, in Lega serve una governance forte e bisogna avvicinare i fan. In Spagna abbiamo spezzettato tutte le partite per valorizzare le piccole squadre con due ore di esposizione esclusiva in tv, non per farle vedere in Cina».
di Massimo Caputi
Fonte: Il Messaggero
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