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TOTTI: "De Rossi? Anche lui concluderà con un'unica maglia. Nel 2003 sono stato un passo dal ..."

"Nel 2003 sono stato un passo dal lasciare Roma"
Mercoledì 14 febbraio 2018
Francesco Totti ha parlato a I Signori del Calcio su Sky Sport: "Prima o poi quel giorno doveva arrivare. Ero consapevole che potesse diventare uno dei giorni più brutti della mia vita ma fa parte del calcio, della vita. C'è un inizio e c'è una fine. È stato abbastanza lungo perché è stato deciso quasi alla fine. Avevo voglia di continuare mentre la società tentennava e alla fine abbiamo preso questa decisione. Abbiamo capito che fosse il momento giusto per smettere".

Sul primo giorno da ex calciatore
"Non ho dormito quella notte. Pensavo a quello che era successo, dalla mattina a Trigoria fino alla sera allo stadio. Poi la cena con gli amici. È stata una sera diversa dalle altre ma, fortunatamente, poi sono andato in vacanza con mia moglie e i miei figli".

Le immagini dell'addio
"Mi capita di rivederle e mi commuovo. È un giorno che rimarrà dentro di me per sempre. La chiusura della mia carriera calcistica, tutta vissuta con la stessa maglia. Un traguardo davvero importante".

Sul Totti giocatore
"Dal 2000 al 2010 mi sono sentito un giocatore abbastanza forte. Ero tra i primi 5 del mondo".

Sul figlio Cristian
"Sta crescendo ma deve ancora crescere tanto. Ha ampi margini di miglioramento. SI sta divertendo e voglio che ora si diverta. Se poi tra 5-6 anni vedrò che avrà le prospettive per diventare un giocatore lo lascerò continuare, altrimenti cambierà sport. Gli insegno i valori, il rispetto, come un papà normale. In casa sono solo Francesco, non sono Totti. Gli dico di divertirsi e di non pensare ad altro. Un bambino deve solo crescere e divertirsi. Devono essere bravi i genitori a far loro capire che il calcio è divertimento, senza pensare alla serie A, ai soldi, al fatto che possa cambiare la vita di tutti. Un bambino deve essere sicuro di quel che fa, con la testa giusta e allora diventa tutto più semplice. Lo dico a mio figlio ma vale per tutti i bambini, sono le cose basilari".

Sulla Roma
"L'offerta più concreta per lasciare la Roma è stata quella del Real Madrid, nel 2003/04, e sono stato in dubbio fino alla fine, a un passo dal lasciare la Roma. Ho fatto una scelta ben precisa: precludermi la possibilità di vincere tanto per rimanere con un'unica maglia, che per me è stata la cosa più importante. Era più il Real Madrid a spingere, io cercavo di frenare con la punta dei piedi e ci sono riuscito. E alla fine ho avuto tutto: amore e passione per me sono stati più importanti che vincere trofei altrove. Per la Roma ho dato il 101%, perché ho messo la Roma davanti a tutto, davanti a me, alle cose personali, alla vita privata. La Roma è stata tutto".

Sul Pallone d'Oro.
"È una delle cose che mi è mancata personalmente. Giocando con la Roma sapevo di avere meno possibilità rispetto ad altri giocatori che giocavano con Real Madrid, Juventus, Milan... loro avevano più visibilità in campo internazionale, anche perché il Pallone d'Oro si vince conquistando la Champions o il Mondiale, oppure qualche altro trofeo importante. Io con la Roma ho vinto Scudetto, Supercoppa Italiana e Coppa Italia, perciò non ero in grado di poter combattere con altri giocatori".

Su Spalletti.
"Con Spalletti non c'è mai stato un confronto e mai ci sarà. Avrei preferito chiudere in altro modo. Fossi stato in lui avrei gestito il calciatore, e soprattutto la persona, in maniera diversa: mi sarei confrontato con lui, gli avrei parlato. Avendo la fortuna di conoscerlo bene speravo che la cosa fosse diversa. Comunque sono riuscito a fare questo passaggio da calciatore a dirigente della Roma, e l'ho fatto con lo spirito giusto: con l'armonia, con l'intelligenza di una persona grande. Dopo 25 anni di calcio non voglio cambiare lavoro. Sono cresciuto nel campo e nel campo morirò. La mia vita è stata bellissima e spero continuerà a essere ancora più bella. Lascio il campo verde e sarà bello da scoprire il nuovo campo e sarà ancora più impegnativo"

Sul calcio di oggi e le scelte societarie.
"Bandiera è amore, passione, amare la maglia ed essere fedeli a una sola maglia. De Rossi credo che concluda con un'unica maglia ma non sono nella sua testa. Non ci sono più bandiere. Non penso che esista un altro Totti e che nel caso possa rimanere a lungo nella Roma. Oggi conta il business. È difficile che un giovane della Roma crescendo rimanga e possa fare le stesse cose che abbiamo fatto io o Daniele De Rossi. Perciò la situazione è diversa ed è impossibile che quello che è successo con noi si ripeta. C'è troppo business rispetto a 20 anni fa. Prima si pensava ai giovani promettenti del nostro Paese più che a scoprire un giovane brasiliano, argentino, sudamericano, o di qualsiasi altro Paese nel mondo. Si viveva tutto diversamente, c'erano meno stranieri, era tutto più raccolto, più bello. Più andremo avanti e più il peso del business aumenterà"

Sui top player.
"Se dipendesse da me spenderei qualsiasi cifra al mondo per comprare i giocatori più forti, anche perché per vincere servono giocatori forti. Questo l'ho sempre detto e lo dirò sempre. Però poi non sono io a gestire i soldi, è il presidente che decide. Il presidente metterà un budget e in base a quel budget dovrà essere bravo a costruire una squadra. Prima 100 milioni li spendevi per un attaccante, ma si poteva pensare potesse costare così tanto un difensore. In questo mercato pazzo? Io costerei 200 milioni".

Sulla Nazionale
"Cambierei tutte le persone che non hanno fatto quello che i tifosi italiani si aspettavano. Inizierei una nuova avventura con gente giovane, di calcio, che vuole fare il bene del calcio italiano. Quando si sbaglia, si sbaglia tutti insieme. Non c'è n attore principale. L'eliminazione dal mondiale peserà tantissimo. Forse è stata presa sotto gamba la situazione, eravamo sicuri di passare e di essere più forti ma le gare vanno vinte sul campo. L'eliminazione brucerà per tanti anni"
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