"Inchiesta Napoli? Sentiti De Laurentiis e Formisano, ecco cosa rischia il club"
Napoli, Biglietti gratis a tifosi vicini alla Camorra. L'onorevole di Lello, membro della commissione Antimafia: «Ho convocato Pecoraro per essere aggiornato»
Lunedì 06 novembre 2017
TORINO - «Napoli e i biglietti gratis ai tifosi vicini ai clan? Ho convocato Pecoraro per essere aggiornato. Dallo scorso febbraio abbiamo fatto 34 audizioni dalla Federcalcio, alle Leghe ai presidenti delle società sportive e il quadro che ne esce è abbastanza allarmante. Stiamo facendo le ultime rifiniture sulle proposte normative che vorremmo far approvare entro l'anno per evitare che si verifichino vicende come quelle della Juventus». A parlare è l'onorevole Marco Di Lello, membro della commissione Antimafia, ai microfoni di Radio Crc. «Sulla questione Napoli abbiamo sentito De Laurentiis, Formisano e anche la Procura di Napoli che ha dato atto alla società di non aver mai ceduto a pressioni esterne sul tema dei biglietti. Che ci siano state frequentazioni da parte di alcuni calciatori è agli atti come accadde con Lavezzi e questo pone il tema di come limitare queste frequentazioni - ha continuato Di Lello -. Il Napoli tra l'altro ha affisso un decalogo sulle porte degli spogliatoi sul comportamento da assumere dai calciatori perché per i giovani e a volte stranieri è difficile distinguere il tifoso buono da quello criminale. Mi risulterebbe nuovo invece un coinvolgimento della società calcio Napoli e per questo il tema lo approfondiremo perbene. La Procura ha escluso ogni cedimento da parte della società, poi ci sono dichiarazioni a verbale di De Laurentiis e Formisano per cui non mi meraviglierei che siano stati i calciatori protagonisti con la società allo scuro di tutto».
DEFERIMENTO? - Cosa rischia il Napoli? «Se fosse stata violata la norma, ci sarebbe il deferimento come è accaduto ad Agnelli ed il procedimento davanti al tribunale sportivo. In astratto è possibile punire con la penalizzazione, ma c'è un precedente: la vicenda Juventus in cui è la stessa procura ad aver chiesto l'inibizione e non la penalizzazione».
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