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Lazio, fantasmi sulla Champions: Lotito infuriato per gli errori arbitrali

Lunedì 24 aprile 2023
Il secondo posto per ora è salvo a quota 61, ma si aggirano nuovi e vecchi fantasmi nei meandri di Formello. A sette giornate dal traguardo, sono gli stessi del 2018, quando gli errori arbitrali e poi l'Inter spedirono all'ultima giornata la Lazio fuori dalla Champions. L'imbattibilità biancoceleste bruscamente interrotta dal Toro dopo quasi due mesi e mezzo (l'11 febbraio con l'Atalanta l'ultimo ko) - e quattro vittorie di seguito oltre i successi di Milan e Inter di ieri pomeriggio, che riducono il distacco a -5 e -7 dal quinto e sesto posto, riaccendono un terribile spettro. «Vogliono fermare la nostra corsa. Ghersini come Giacomelli col Torino», urlano in coro i tifosi, facendosi portavoce anche del pensiero di Lotito, al momento in rigoroso silenzio per ragioni di opportunità politica, ma altrettanto furioso per l'arbitraggio di sabato pomeriggio. A fine match Sarri non ci ha girato troppo intorno: «Ghesini va fermato». Il designatore Rocchi non lo farà, nonostante a freddo a Formello siano ancora più convinti di una direzione paragonabile a un «atto di killeraggio». Il piccolo dossier interno non riguarda solo il rigore non concesso a Hysaj (e nemmeno rivisto al Var) sulla spinta di Singo, non solo la rimessa laterale (da cui nasce il gol di Ilic) battuta da Rodriguez con un piede un metro dentro al campo, ma anche e soprattutto i cartellini risparmiati ai granata nel primo tempo (e anche ai laziali nonostante le proteste), e il secondo giallo semi-estratto dal fischietto e rimesso nel taschino non appena accortosi che Gravillon era già ammonito.

L'ultimo arbitraggio per lo meno ambiguo, incastonato nella settimana di una classifica riscritta dai processi sportivi in chiave Champions, unito ai rumors di una Juve (nonostante il ko col Napoli) forse addirittura graziata con una semplice ammenda nel prossimo giudizio di fine maggio, fanno tremare il futuro della Lazio. Non c'è solo l'obiettivo sportivo, ci sono 50 milioni in ballo, il mercato, un progetto che in casa biancoceleste può decollare con l'Europa che conta oppure cambiare tutto. Sarri mette le mani avanti, è deluso e preoccupato, pur riconoscendo la prestazione sottotono dei suoi, annichiliti da un Torino rognoso, frenati dal primo caldo e dai carichi di forza e lavoro dei giorni precedenti, propedeutici al rush finale del campionato. Lo si è visto nei movimenti mogi e sotto tono di Milinkovic e Luis Alberto, in un tridente leggero diventato pesantissimo. Evidenziato ieri anche dai dati analitici dello staff tecnico: «L'efficienza era più bassa rispetto al solito, ma non abbiamo fatto una brutta partita», le parole di Sarri al gruppo. Serve fiducia, guai ad abbattersi adesso. Serve pure recuperare Immobile, lanciato in campo più per farlo riprendere dallo choc che per avere un reale contributo. Ciro a fine gara era triste, da solo e sconsolato su un muretto dell'Olimpico.


Rabbia contro l'arbitro, ma anche un mea culpa subito condiviso dallo spogliatoio. Se non ci saranno altri fattori esterni a mettersi di traverso, l'obiettivo ora è trasformare il Torino in un innocuo e proficuo incidente di percorso: «Se giochiamo come sappiamo - ha detto Sarri ieri mattina alla ripresa a Formello - non può fermarci nessuno». E la replica immediata, il moto d'orgoglio dello spogliatoio: «Andiamo a vincere a San Siro». Due volte, domenica con l'Inter e sabato col Milan, in sei giorni si decide tutto, il destino è nelle mani della Lazio. In mezzo c'è pure il Sassuolo (domani atteso il dispositivo del giudice sportivo Mastrandrea, dopo i buu a Singo e Karamoh) da non sottovalutare all'Olimpico. I fantasmi vanno subito rispediti nel passato.
di Alberto Abbate
Fonte: Il Messaggero
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