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TOTTI: "Per vincere servono i campioni. Ho cercato veramente di portare gente impensabile a Roma."

Giovedì 20 settembre 2018
Francesco Totti, ex capitano e dirigente della Roma, in occasione della presentazione del libro che sarà presentato il 27 settembre, ha rilasciato un'intervista all'inserto settimanale de La Repubblica. Questa un'anticipazione:

"Finivi scuola e con la testa già eri proiettato al pomeriggio che dovevi fare queste cavolate, che però erano importanti: stavi con gli amici, ti divertivi, giocavi a pallone, c'era più passione, più divertimento, più voglia".

Quali paure ti sono rimaste?
"Un po' di paura c'è sempre, soprattutto quando stai con i bambini. Fino a quando stai solo non ce ne sono, al massimo ti si portano via... Più che altro quando stai con i bambini può succedere qualsiasi cosa."

La tua passione per gli scherzi risale dalla tua infanzia...
"Con Angelo e Giancarlo nel pomeriggio, non dico tutti i giorni, ma ci divertivamo ad andare a suonare ai campanelli dei portoni della gente, facevamo queste cavolate, un tempo si usava così."

Il tuo quartiere?
"Ogni volta che mi affacciavo c'era gente sotto casa, sul pianerottolo. Era diventato impossibile viverci, ma non solo per me ma anche per la gente del palazzo. Entravano come se fosse un museo."

Ti capita di ritornarci?
"Sì, di passaggio sì."

C'è la possibilità di vedere campioni a Roma?
"Per vincere ho sempre detto che servono i campioni. Speravo che venissero Ronaldo, Ibrahimovic, i più forti del mondo. Non solo davanti, ma anche difensori o centrocampisti. Purtroppo avevamo un limite, le poche possibilità economiche per spendere per questi campioni. Io ho cercato veramente di portare gente impensabile a Roma."

Cassano?
"Quando è arrivato andavamo a cena ai ristoranti, eravamo tavolate di 7-8 persone. Era seduto ad un altro tavolo, alla fine ti alzavi ed aveva già pagato lui. Pagava per persone che non conosceva perché c'ero io. Una volta, due, tre... Alla terza gli ho detto che così non mi andava bene. Era proprio così, di indole. Adesso un po' meno perché la moglie ‘je mena' (ride, ndr)."
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