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Tutto quello che voleva dire Mourinho su arbitri, giocatori e società

Il portoghese per la prima volta ha ridimensionato gli obiettivi dei giallorossi. Se la prende con i direttori di gara, ma è soprattutto insoddisfatto degli uomini che ha a disposizione
Domenica 07 novembre 2021
I titoli di coda arrivano in un malinconico novembre: "Non è la stagione per pensare in grande", dice José Mourinho. E non si riferisce solo alla partita col Venezia, ma a questo primo approccio con la Roma, che appare assai diverso da come si aspettava. Arbitri, mercato, giocatori, società: tranne l'ultima voce, ogni elemento esaminato dallo Special One - che ormai sui social bollano come delusione - è negativo, vediamo perché analizzando ciò che ha detto dopo la partita persa per 3-2 contro il Venezia.

ARBITRAGGI — "Preferisco non parlarne. Le regole sono fatte per chi capisce poco di calcio, per chi non ha giocato o allenato. Loro sono i potenti, poi c'è l'interpretazione della regola. Alla fine della stagione il dubbio pesa. Quando gli episodi si accumulano settimana su settimana e paragoni le situazioni simili pensi che è meglio stare zitto. Mi sono chiesto il perché e ho risposto ma non posso parlare, mi devo proteggere, rimanere con le mie sensazioni e non esprimere quello che sta succedendo". Che cosa vuol dire? Già dall'inizio della stagione al mondo arbitrale non sono piaciute né le esternazioni del portoghese né il modo di comportarsi in campo. La società glielo ha sottolineato, tenendo conto che certe prese di posizione alla fine non hanno portato a niente.

Adesso la Roma si ritrova ad avere 5 punti in meno rispetto a Fonseca nello scorso anno (ma sarebbero 6, perché il pari col Verona è stato trasformato in sconfitta a tavolino) e aggrapparsi solo alle direzioni di gara sarebbe limitativo. Ciò non toglie che, soprattutto contro Juventus e Milan, gli arbitri hanno sbagliato contro i giallorossi, e Mourinho - anche se in forma più garbata rispetto alle sparate post-derby - continua sempre a farlo notare. Un alibi? Diciamo una presa d'atto che deve pesare nella valutazione delle 5 sconfitte su 12 partite di campionato.

ROSA — Per la prima volta lo Special One lo fa capire chiaramente: il quarto posto è un obiettivo, ma la rosa non vale il quarto posto. Come dire, forse la santificazione agostana di Pinto - che si era dato "sette e mezzo" per il suo mercato - è stata prematura. "Dico ai giocatori e a me stesso che il quarto posto sarebbe un obiettivo. Non significa che siamo da quarto posto, ma che vogliamo lottare per il quarto posto. E continuerò a dirlo fino all'ultima partita". La spiegazione è evidente: "Non penso che questa rosa sia meglio dell'anno scorso. Abbiamo perso giocatori di esperienza e di rosa. Bruno Peres sarebbe utile, Juan Jesus sarebbe utile". Ecco, in perfetto stile Special One, i due brasiliani andati via a scadenza a furor di popolo - dopo che il secondo, soprattutto nella scorsa stagione, non aveva quasi mai giocato - pare quasi una provocazione.
Rivederli in rosa a inizio anno avrebbe fatto impazzire di rabbia qualsiasi tifoso, ma rimpiangerli appare come un chiaro messaggio a chi doveva sostituirli, anche perché le "vere" grandi fanno altro. "Nell'Inter se Darmian è in difficoltà entra Dumfries, nel Milan se Kjaer è in difficoltà entra Romagnoli. Noi avevamo Tripi e Reynolds per le fasce, un Primavera e uno che ha fatto due-tre partite in serie A". Come dire, con gli uomini che ho a disposizione, non posso fare miracoli.

MERCATO — E qui si arriva al nodo mercato. "Per qualche ragione abbiamo finito al 6° e 7° posto nelle ultime due stagioni e lo sforzo della società è stato per un mercato più reattivo che costruttivo". Mourinho non vuole scaricare il connazionale Pinto, ma evidenzia tutti i limiti: "Io sono a fianco del nostro direttore. Il portiere è stata una scelta iniziale che ho chiesto io, ma sul terzino il mercato è stato reattivo perché abbiamo perso Spinazzola". Come dire, Vina non lo vale . "Anche Abraham è stata una mossa reattiva per Dzeko".
Vero. Certo, per l'inglese sono stati spesi 40 milioni e il bosniaco è stato regalato, ma evidentemente certe scelte si pagano. E così, quando Mourinho dice che la squadra produce tanto in attacco ma non segna, sul banco degli imputati vanno inevitabilmente le punte. D'altronde la chiosa finale è emblematica: "Tutti gli altri calciatori sono gli stessi dello scorso anno". Cioè quelli che sono arrivati settimi.

SOCIETÀ — Anche stavolta, però, il lavoro dei Friedkin - che hanno speso quasi trecento milioni in poco più di dieci mesi di gestione - non viene criticato, ma la conclusione è malinconica. "La rosa è limitata, squilibrata e non ci sono cambi, ma non è una critica alla società. Per me con tre anni di contratto, questa annata può essere importante per capire qualcosa che potevo non aver capito prima di arrivare. Le squadre si costruiscono in base a un modello di gioco". È quello che si credeva prima dell'avvento di Mourinho.
Resta da capire se lui sia l'allenatore giusto per costruire oppure se avere un nome, uno che galvanizza la piazza (missione peraltro riuscita) abbia fatto spostare l'asse. La sensazione è che, per cultura e per storia, nel dna dello Special One non ci sia la pazienza di un progetto a medio-lungo termine, ed è per questo che le sue esternazioni - mai banali - cominciano a essere divisive. Perché, al netto degli arbitraggi, se Mourinho rimpiange gente come Juan Jesus e Bruno Peres, il messaggio che arriva ai tifosi è chiaro: si stava meglio quando si stava peggio. E se ho a disposizione la rosa meno qualitativa dei miei ultimi vent'anni, non prendetevela con me.
di Massimo Cecchini
Fonte: Gazzetta dello Sport
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