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Rosella Sensi: "Vedo ancora gli occhi di mio padre pieni di amore per noi e la sua gente"

Giovedì 17 giugno 2021
Anniversario ingombrante. E magico. «Sono tanti vent'anni. Sinceramente troppi per noi romanisti. Parlo da tifosa, come sempre. Vent'anni dopo, però, il ricordo è ancora vivo proprio per questo. Oggi come ieri. Una giornata indimenticabile, dopo un'annata stupenda e verso un'estate infinita. E soprattutto con una squadra fortissima. Con Capello, il top: Totti, Batistuta, Cafu, Candela, Samuel, Tommasi, Delvecchio, Emerson, Nakata... Li sto dicendo tutti, vero? Avevamo i migliori. Anche Montella e Di Francesco». Non c'è più papà Franco che regalò, il 17 giugno del 2001, il terzo scudetto al club giallorosso, a diciotto anni dal secondo di Viola, con Liedholm in panchina e Falcao in campo. Così a parlare di quella stagione fantastica è la primogenita del presidente che ci lasciò nell'agosto del 2008. Anche perché, fino alla cessione nel 2011 agli americani Di Benedetto e Pallotta, è stata Rosella Sensi a guidare la società. «Io ringrazio ancora tutti, a cominciare da Capello e Francesco, ma il principale protagonista resta mio padre. Da quando è diventato proprietario unico, nel novembre del 1993, ha pensato solo allo scudetto. Il suo sogno è stato per anni quello di qualsiasi tifoso. Ho ancora davanti i suoi occhi dopo la vittoria contro il Parma. Pieni di amore e gioia. Sapeva di aver fatto felice se stesso e insieme la sua gente».

PIÙ DI UN ANEDDOTO
La presidentessa si commuove parlando del papà. Gli ha vissuto accanto fino all'ultimo e in particolare durante quell'annata comunque complicata. «Era terrorizzato all'Olimpico, all'ultima giornata. Era convinto di vincere lo scudetto la settimana precedente a Napoli, ma pareggiammo. Andò meglio così, con il nostro stadio strabordante di giallorosso. Mai visto un pienone del genere. Lui soffrì in tribuna, circondato dalle sue donne. Dalla sua famiglia. Mia mamma Maria, le mie sorelle Cristina e Silvia, zia Angela. Era spaventato temendo qualche imprevisto proprio sul traguardo, compresa l'invasione anticipata dei tifosi. Poi quegli occhi a brillare. E a guardare la sua gente. Finalmente potevano festeggiare insieme. Con mia madre parteciparono per mesi a ogni iniziativa. Nei club e nelle piazze. Ha voluto condividere con la sua tifoseria scendendo in strada tra migliaia di bandiere. È stato così fino a quel diciassette agosto del 2008». Si ferma. Un respiro e via. Ha altro da raccontare. La Roma conquistò, il 24 maggio all'Olimpico, la Coppa Italia che resta l'ultimo successo del club. Anche se ormai costretto a restare lontano da Trigoria e dall'Olimpico, si informava sulla squadra. Alla sua maniera. Da presidente: "Ma si impegnano?". Con i giocatori aveva comunque un rapporto splendido. Con tutti». Un altro retroscena. «Li ha voluti sempre accanto. Mi ricordo che in terapia intensiva si presentarono il 27 luglio, nel giorno del suo ultimo compleanno, Francesco e Vincenzo. L'affetto è sintetizzato da quell'incontro». Già, Totti e Montella. A loro si aggiunse Batistuta. «Fu l'acquisto decisivo».

SFIZIO DA RE LEONE
Rosella lo chiama «Bati», gli altri per nome. Il legame è forte, a prescindere. Sa bene la primogenita di Franco quanto l'arrivo del centravanti della Fiorentina abbia inciso in quel campionato. «Appena papà ha avuto l'occasione, ha subito detto sì, è l'uomo che ci farà vincere lo scudetto. Fu anche la risposta alla Lazio campione d'Italia. Può darsi che la vittoria biancoceleste abbia dato la spinta finale all'operazione, ma io che ho vissuto da vicino il suo approccio alla Roma so quale è stato da subito il suo obiettivo: ha sempre pensato allo scudetto». Spesso è stato raccontato il momento in cui decise di acquistare il club, inizialmente con Mezzaroma. «Volle mettere ai voti quell'idea. A tavola io, le mie due sorelle e mamma. Finì con l'esclamazione in terza persona: "Papà ha comprato la Roma". Aveva già scelto lui...».

MOU FINALMENTE AMICO
Lo scudetto del 2001: «Fondamentale il pari di Torino con la Juve». Poi doppio successo in Coppa Italia e in Supercoppa Italiana, il pieno di finali. È il raccolto della famiglia Sensi. La Roma non vince da 13 anni. «Meno male che sono arrivati i Friedkin. Sono fiduciosa. Si sono presentati da romanisti». Pentita di aver lasciato il club a Pallotta: «Lasciamo stare, si è chiusa una pagina triste della storia della società. A me hanno fatto male le cattiverie, anche sulla gestione di mio padre. Ho spesso dovuto rispondere. Qualche contestazione l'ho accettata. Non quando c'è stata violenza. Ma la gente per strada mi ha sempre salutato con affetto». Adesso toccherà a Mourinho. «Meno male che ora sta con noi. È stato l'ultimo a darmi un dispiacere, quando fece il triplete. Noi battuti nella corsa scudetto e nella finale di Coppa Italia. Grande colpo. Un ottimo tecnico. Sono davvero felice che sia qui».
di Ugo Trani
Fonte: Il Messaggero
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