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Vucinic: "Il mancato scudetto del 2010 una ferita che non si rimargina. Cosa accadde con Perrotta.."

Lunedì 25 maggio 2020
Mirko Vucinic, attaccante della Roma dal 2006 al 2011, è stato ospite odierno di Casa Sky Sport. Ecco le sue dichiarazioni.

Ti rivedi nella definizione "un bel matto"?
"Diciamo di sì, accontentiamo Trevisani (ride, ndr)".

Com'è stato il tuo arrivo in Italia?
"Da ragazzino il mio sogno era giocare in Serie A, all'epoca era il campionato più bello del mondo. Ho esordito in Serie A con il Lecce, poi sono andato sempre a crescere".

A Lecce hai avuto Zeman. Anni utili per capire il calcio italiano e segnare.
"Sicuramente, il Lecce mi ha fatto crescere, mi ha preso da bambino, arrivai qui a 17 anni. Devo ringraziare la società che mi ha messo sulla strada giusta. Poi dicevi di Zeman, gli attaccanti si lamentano fino al sabato, poi in partita va tutto bene. Si lavorava, eccome se si lavorava!".

Da Lecce a Roma. Più difficile o meno?
"Sicuramente meno, quando sono arrivato in Italia c'era difficoltà, ero senza genitori, senza amici di infanzia. A Roma è andata meglio, perché parlavo italiano, capivo i movimenti, capivo tutto".

Cosa hai pensato nell'intervallo del derby in cui uscirono Totti e De Rossi?
"Non mi aspettavo di vincere, nel primo tempo non girava niente. Poi il mister ha fatto una scelta pazza, levare Totti insieme a De Rossi... stai levando il muro portante della tua casa, e la casa crolla. Invece ha avuto ragione, alla fine abbiamo vinto con due miei gol. Non ti dico cosa è successo dopo la partita! Ora si può dire: abbiamo festeggiato ed ero un po' brillo".

La Lazio ti portava spesso bene...
"Sì, poi il destino voleva che i miei amici più cari tifassero Lazio, a volte non mi parlavano per 2-3 giorni".

Il miglior Vucinic è stato quello che ha giocato nella Roma? Il gol contro l'Inter è quello più emozionante?
"Sicuramente ho avuto l'annata con Ranieri in cui ero veramente in forma, mi girava tutto bene. Però poi anche il primo anno alla Juventus... sceglierei quei due. Il gol al 90' è particolare".

Alla Juventus abbiamo visto un Vucinic più completo.
"Sicuramente, quando sono arrivato alla Juventus avevo sulle spalle parecchie partite, viene tutto più facile. Sono entrato in una macchina da guerra, quando ci affrontavano avevano paura di noi. All'inizio no, poi mister Conte è stato bravo a farci diventare tali sotto tutti i punti di vista".

Ti piaceva giocare esterno?
"O giocavi esterno o non giocavi! C'era davanti il Pupone (ride, ndr). Non c'era scelta".

Vorresti diventare allenatore? Se sì, quale squadra vorresti allenare?
"Sto cercando di prendere il patentino, spero di farlo al più presto. Mi piacerebbe allenare le squadre dove sono stato, le porto sempre nel cuore. Anche se il Lecce più di tutte, mi ha cresciuto e fatto diventare quello che sono, sono molto riconoscente. È ancora presto, l'importante è prendere il patentino, poi si vedrà".

Dicono che tu sia molto bravo a golf.
"In questi anni anche il golf mi ha aiutato molto, all'inizio ero nervoso qualsiasi cosa facessi, giocando e sbagliando mi sono calmato".

Hai avuto grandi allenatori: Zeman, Ranieri, Conte, Spalletti. C'è qualcuno che ti ha dato qualcosa in più o al quale vorresti assomigliare?
"Di sicuro non a Zeman (ride, ndr). Non so quanti resisterebbero oggi a quel tipo di lavoro. Tutti loro mi hanno dato qualche cosa di importante. Spero di eguagliare il 30% di quello che sono loro, sarei veramente felice. Sono professori del calcio".

Eri bravo alla Playstation.
"Ero molto bravo, poi non gioco da forse 8-9 anni. Ho giocato con mio figlio a FIFA sei mesi fa, mi ha rovinato e non ho più preso il pad in mano. Ho rosicato come pochi".

Quanto hai rosicato per lo scudetto mancato nel 2010?
"È una ferita che non si rimargina più, una cicatrice che resta per tutta la vita. Ho rischiato di vincere due scudetti con la Roma, dispiace tanto. Non solo a me, penso a tutto il popolo giallorosso".

Che spiegazione vi siete dati di quel Roma-Sampdoria?
"Non lo so spiegare, nel secondo tempo loro fanno due tiri in porta, nonostante quello attaccavamo e avevamo occasioni. Il destino, non so. Gira voce che ci beccammo con Perrotta: abbiamo discusso come normale che sia, non era la prima volta. Nel secondo tempo ci eravamo già chiariti, loro si inventarono due gol e non riuscivamo a segnare".

Ma dopo quel primo tempo, perché c'era da discutere?
"Per una cosa che non gli ho passato il pallone e ho calciato. Lui mi disse una cosa, io risposi perché non sapevo stare zitto. Dovevo stare zitto, Simone è più grande di me, aveva più esperienza, ha vinto con la nazionale. Era leader, dovevo stare zitto. Il mio carattere non me lo ha permesso".

Avevi già fatto questo mea culpa?
"Quando sbaglio, chi mi conosce sa che ammetto la colpa. È difficile, ma la ammetto".

Quale attaccante consiglieresti alla Juventus in questo momento?
"Hanno Cristiano Ronaldo... se vogliamo consigliarne uno all'altezza direi Mbappé, ma non so se i parigini siano disposti a vendere un calciatore pazzesco come lui. Uno come lui non nasce più, per quello che ha dimostrato nonostante la giovane età. La cosa pazzesca di lui è la facilità con cui fa le cose, sembra andare al triplo degli altri".

Un giocatore che assomiglia a Vucinic?
"Non lo so, perché io ero in grado di fare la punta, l'esterno, la mezzapunta, a Manchester giocai centrocampista e non fu una bella esperienza (ride, ndr). Non so, non per essere uno che si vanta, ma non mi rivedo in qualcuno".

La doppietta con il Chelsea.
"Venne dopo una sconfitta contro la Juventus, a fine partita parlammo con Spalletti e non con bei toni. Non mi aspettavo neanche di giocare, alla fine giocai e feci doppietta, ci permise di superare il turno. Dovevamo vincere assolutamente. Ci fu un'esultanza dopo il secondo gol, tutta Roma stava sopra di me. Tutti i calciatori, anche Spalletti si tuffò. Una cosa bella".

Risceglieresti l'esultanza che si rifa a Chris Benoit?
"Lasciamo perdere, mi volevano denunciare. Successe un casino che non avete idea. Il wrestling all'epoca era una cosa pazzesca, impazzivano tutti".

Sul mancato scambio con Guarin.
"Mancava la firma (ride, ndr). Va bene così".

Ti sarebbe piaciuto andare all'Inter?
"Non lo so. Per come è andata sono felice, non so cosa avrei trovato e come sarebbe finita, magari non andavo ad Abu Dhabi, dove mi sono trovato benissimo".

Qual è stata la partita decisiva del primo scudetto con la Juventus?
"Quella contro il Milan, in casa. Loro erano superiori, vincemmo e ci diede una spinta incredibile, facendoci credere nei nostri mezzi. Piano piano mettevamo mattone su mattone, arrivò una casa bellissima".

Hai giocato con numeri 10 e capitani di un certo rilievo. Quali sono le differenze tra Totti e Del Piero?
"Non so che dire, basta che dici i nomi e dici tutto. È il calcio, è poesia. Sono professori, fenomeni, pazzeschi. Come toccano il pallone, come stoppano, fanno passaggi. Sono diversi rispetto agli altri. Ma questo si sa. Ho avuto la fortuna di giocare con entrambi e un giorno lo racconterò ai miei figli, che hanno conosciuto Francesco e hanno giocato con lui".

Diversi o simili come capitani?
"Secondo me sono due leader, dentro e fuori. Se fai il capitano per tutti questi anni sei forte e hai peso nello spogliatoio e in campo".

Roma-Manchester United 2-1 è una delle più belle partite. Cosa è successo tra andata e ritorno?
"Inspiegabile. Se riguardi la partita, loro come tiravano prendevano il sette, facevano grandissimi gol. C'era Smith, impazzito. Lo vedevi da tutte le parti. Poi loro come tiravano facevano eurogol".

Credi nel destino e nella fatalità?
"Sicuramente, un po' di fortuna ci deve essere, altrimenti non vinci gli scudetti. Devi anche essere bravo tu ad andarla a prendere. Come nella vita. Soprattutto nel golf".

Pensi di essere stato bravo a cogliere la fortuna che ti si è presentata?
"Prima di arrivare a Lecce mi vide Corvino con Cavasin con la Serbia-Montenegro, ero il peggiore il campo. Non so perchè il Lecce mi abbia preso, so solo che Corvino disse che doveva prendermi".
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