A quasi quarant'anni esatti di distanza riprovo la stessa amarezza di una finale perduta, con una sola differenza di sentimento aggiuntivo: lì, rabbia, qui, tenerezza. Perchè quella lì era la Roma più forte di sempre (più forte anche di un Liverpool...) che butta a mare un'occasione più unica che rara forse perché bacata da vecchie "facilità " o da nuove crepe interne; questa qui una Roma di gente "normale" portata da un coach "speciale" nel fuoco di un impegno alla morte dov'essa si brucia e lui si scotta, ma solo un po'. Tenerezza, dunque, ho provato, nell'assistere alla delusione di tutti i prescelti, alle lacrime di qualcuno (Dybala) più certo di una sua globalmente
notificata fragilità, al dispetto plateale di taluno (Karsdorp) più ignominiosamemte di altri "incapaci" buttato fuori dal cerchio magico del Guru, e persino dal tentativo di consolarli tutti da parte di chi li ha spinti a tanto osare. Che mi resta, di ciò? L'orgoglio di un gesto innocente da parte dei soli innocenti, che sono quelli che ci hanno messo gamba, cuore impegno e soldi eqquindi i "ragazzi" e i Tifosi. Degli altri non so l'innocenza: non del Guru, alla cerca di un altro più prolungato kulto di sè in terre avare di tìtuli, non del Pinto che portò fra noi gente improbabile, non del Capo che se non parla ora, nell'ora del dolore, quando capzo parla? FORZA ROMA